La relazione, elaborata dalla missione dell’ONU nel paese nordafricano e l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, segnala tra le irregolarità i prolungati periodi di incomunicabilità per quasi i 40 accusati e le denunce di torture e di mancanza di accesso degli avvocati della difesa a documenti e riunioni private.
Si calpestò anche il diritto della difesa ad interrogare i testimoni della procura, perché questi non furono mai chiamati a dichiarare nelle sessioni, precisa il testo.
D’accordo con la notizia gli accusati, diretti da Saif al-Islam Gheddafi, figlio di dell’assassinato dirigente, 37 membri del suo governo (nel documento lo qualificano come regime) furono giudicati per gravi violazioni dei diritti umani.
Nel 2011, un intervento militare della NATO propiziò il rovesciamento del colonnello Gheddafi, situazione che sommerse la nazione petrolifera in uno scenario di caos, violenza ed instabilità ancora presente in buona misura, a dispetto degli accordi di dicembre del 2015 per stabilire un governo di unità nazionale.
I redattori della relazione realizzarono varie raccomandazioni alle autorità libiche, destinate a superare vuoti e difficoltà nel sistema di giustizia penale.
Il processo irregolare scatenò la pena di morte contro vari accusati, tra loro il figlio di Gadafi, processato in assenza.
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