Durante il VII Vertice dell’AEC celebrato a L’Avana in giugno del 2016, si presentò il Programma di Confronto al Cambiamento Climatico, che, secondo il diplomatico cubano Rafael Zamora, aprì una nuova sfera di cooperazione che nella congiuntura attuale, è vitale per lo sviluppo dei paesi membri, specialmente, i piccoli stati insulari dei Caraibi.
Il direttore Generale interino per America Latina ed i Caraibi del Ministero cubano di Relazioni Estere, segnalò recentemente alla pagina web di questo portafoglio che i disastri naturali provocati precisamente per questo fenomeno lasciarono perdite materiali per la regione per circa 18 miliardi di dollari solo tra il 1998 ed il 2012.
Durante il Vertice del 2016, il presidente salvadoregno, Salvador Sanchez Ceren, affermò che il cambiamento climatico è un tema che colpisce lo sviluppo, perché il suo impatto sugli stati caraibici fa retrocedere i risultati dei suoi governi.
Allora sottolineò l’importanza di assumere il finanziamento climatico ed il bonifico tecnologico per fortificare le capacità di mitigazione ed adattamento alle batoste ambientali.
Ceren espresse che questa minaccia colpisce allo stesso modo tutti i paesi e li impegna a lavorare uniti per fomentare una crescita sostenibile che si adatti alle nuove tecnologie e contemporaneamente contribuisca a preservare gli ecosistemi e le risorse naturali.
Precisamente, davanti agli eccessi causati dal cambiamento climatico le nazioni integranti del blocco stabilirono nel 1998 la Commissione del mare dei Caraibi (CMC), avviata all’attenzione e preservazione dell’ecosistema della regione.
Questo spazio ha l’obiettivo di provvedere e soprintendere l’uso sostenibile di questa zona marittima, una delle più grandi del mondo, con un’estensione di due milioni 763 mila 800 chilometri quadrati.
L’organismo fondò nel 2006 la riferita Commissione col proposito di promuovere una governance coordinata per appoggiare la proposta regionale in corso, sulla designazione di questa zona come “area speciale nel contesto dello sviluppo sostenibile”.
Inoltre, si instaurò con l’obiettivo di risaltare l’importanza di questa massa d’acqua come bene comune dei suoi popoli, il ruolo che ha svolto dalla sua fondazione ed il suo potenziale per operare come elemento unificatore di sviluppo.
La CMC, inoltre, formò una struttura per la supervisione politica, somministrare risorse tecniche ed appoggiare gli utenti sull’investigazione su questa area geografica, come per facilitare le gestioni regionali dirette a conservare ed assicurare il suo uso sostenibile.
I Caraibi si distinguono per una diversità biologica singolare ed ecosistemi sommamente fragili sotto la giurisdizione di un gruppo di paesi e piccoli Stati insulari in via di sviluppo che dipendono essenzialmente delle sue zone marine e costiere.
Per ciò affronta problemi come l’inquinamento, gli incidenti marittimi ed un’inadeguata gestione di rifiuti e zavorrato che provocano la degradazione dell’ecosistema attraverso la decolorazione di coralli, l’inquinamento di risorse e la perturbazione degli ecosistemi.
Inoltre, la regione affronta difficoltà come la gestione di rifiuti tossici, l’ordinazione delle risorse idriche e la degradazione del suolo, si esasperano come conseguenza del cambiamento climatico, l’elevazione del livello del mare e la maggiore erosione delle coste.
Questi problemi e, in questione, la capacità limitata e gli impedimenti finanziari che soffrono i paesi e territori dell’area, aumentano la difficoltà dell’ordinazione sostenibile di una zona di gran diversità.
Per resistere la situazione esistente, l’AEC e la CMC si propongono di affrontare i danni provocati negli ecosistemi dalle acque residuali mediante il Programma di Azione Mondiale per la protezione del mezzo marino e quello dell’ONU per l’ecosistema (Pnuma), tra gli altri.
Per esempio, le attività avviate ad attenuare l’inquinamento causato per la rinnovazione di acque di zavorra riceverono l’appoggio del Programma per l’ecosistema dei Caraibi stabilito dal Pnuma.
Nel frattempo, per fare fronte all’inquinamento provocato dagli idrocarburi, l’entità appoggiò il Centro di Abilitazione ed informazione in caso di emergenza con l’elaborazione di un piano regionale di cooperazione che proporziona agli Stati ed ai territori insulari una cornice di collaborazione per reagire davanti agli spargimenti del grezzo.
Rispetto alle zone marine e costiere, la flora e fauna silvestre, i mammiferi marini e l’appoggio alle zone marine protette, il Pnuma si erige come il meccanismo adeguato tra tutti i suoi membri per preservare quello che si considera un patrimonio degli Stati dei Caraibi.
Reinaldo Wossaert Silva, giornalista di Prensa Latina