A differenza di altri espedienti che risalgono agli inizi della giunta militare di Pinochet, la Corte Suprema del Cile esaminò adesso un caso del 1987, già verso la fine della dittatura, dimostrando così che non smise mai di reprimere i suoi detrattori.
Furono vittime di una delle tante atrocità di Pinochet e dei suoi seguaci Julian Peña Maltes, Alejandro Pinochet Arenas, Manuel Sepulveda Sanchez, Gonzalo Fuenzalida Navarrete e Julio Muñoz Otarola, militanti del Partito Comunista.
I cinque sparirono in settembre del 1987 dopo essere stati fermati da agenti della Centrale Nazionale di Informazioni (CNI) come rappresaglia per il sequestro di un colonnello dell’Esercito. Erano membri del Fronte Patriottico Manuel Rodriguez (FPMR).
Il giudizio della Corte Suprema condannò il generale Hugo Salas Wenzel, ex capo della CNI, ed il maggiore Alvaro Corbalan, ex capo operativo dell’organismo repressore, ognuno a 15 anni di reclusione penitenziaria.
Salas Wenzel e Corbalan sono in carcere in questo momento, scontando delle altre pene.
Il giudice speciale Mario Carroza determinò nelle indagini che i corpi dei cinque oppositori alla dittatura furono lanciati da un elicottero al mare nella costa di Quintay, nella regione di Valparaiso.
Altri 21 ex agenti, appartenenti al Battaglione di Intelligenza dell’Esercito ed al Comando di Aviazione dell’Esercito, furono condannati per i delitti a 10 anni ed un giorno di carcere.
Nella sentenza della giustizia cilena si considerò nell’aspetto civile le richieste di indennità presentate contro lo Stato che dovrà pagare 380 milioni di pesi (circa 575 mila dollari) ai parenti delle vittime.
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