Fonti militari hanno hanno fatto conoscere alcuni dati sui preparativi dell’offensiva ai mass media turchi, tra gli altri l’imminente inizio delle operazioni, che potrebbero incominciare nei primi giorni di luglio, con lo scopo di sloggiare completamente dalla zona le milizie armate del PYD, le cosiddette Unità di Protezione Popolare (YPG)
Questa non è la prima incursione della Turchia nel territorio siriano. Con anteriorità questa nazione ha avviato un’operazione militare a nord del paese arabo, con il nome “Scudo dell’Eufrate”, che tra agosto del 2016 e marzo del presente anno ha occupato un’area triangolare di circa duemila chilometri quadrati, formato dalle località di Azas e Jarablus nella frontiera con Turchia e Al Bab, nel vertice sud.
Ankara ha dichiarato che vuole l’espulsione dei gruppi armati ostili vicini al limite del suo territorio, ciò che faceva riferimento tanto allo spazio controllato dall’esercito dell’Isis, così come ai cantoni kurdi di Afrin, ad ovest, e di Kobane, ad est.
Nonostante le proteste del governo di Damasco, lo spiegamento dell’esercito turco verso il sud ha conseguito l’espulsione dei yihadisti da Al Bab, però la presenza di Russia ad Afrin e degli Stati Uniti a Kobane, ha frenato le azioni contro le milizie kurde, anche se ha evitato che si creasse un corridoio lungo la frontiera.
Secondo quanto ha pubblicato il giornale Sabah, le truppe turche inizieranno le operazioni militari in pochi giorni, dalla città, della frontiera turca, di Kilis, con lo scopo di occupare Afrin, Tell Rifaat e l’aeroporto militare Minnigh, per un periodo di tempo che Ankara non ha precisato fino al momento.
Durante le ultime settimane Turchia ha spiegato le truppe nella zona e avrà l’appoggio dell’auto denominato Esercito Libero di Siria (FSA), come l’aveva già fatto per la sua campagna per la frontiera “Scudo dell’Eufrate”
Ankara considera da mesi che la presenza delle milizie kurde costituiscono una minaccia per la sicurezza nazionale, soprattutto da quando gli Stati Uniti hanno deciso di appoggiarle con armamento pesante per la campagna che ha luogo contro l’Isis a Raqqa.
Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha dichiarato il 23 giugno che nonostante l’appoggio alle YPG, “le forze armate turche non permetteranno che si formi uno stato a nord della Siria”.
Da parte sua il primo vice ministro, Veysi Kaynak, ha considerato il 27 giugno che “con lo scopo di stabilizzare la regione, Afrin ha bisogno di essere pulita da elementi terroristi”, e che perciò ci sarà l’aiuto del Ministero degli Affari Esteri e dell’Organizzazione Nazionale dell’Intelligenza (MIT)”.
Tanto il PYD come le YPG sono considerate da Ankara organizzazioni terroriste, sorelle dell’illegale Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), in perenne scontro in un violento conflitto armato con le forze turche di sicurezza.
La dichiarazione di Kaynak è stata in un momento in cui l’esercito turco aveva spiegato nuove unità di artiglieria con una portata di fino a 400 chilometri, e ore prima di che si producesse la prima battaglia con fuoco di artiglieria da ambedue i lati della frontiera, senza che ci fossero vittime.
Turchia vuole approfittarsene della sua crescente influenza, guadagnata durante il processo di Astanà per mettere fine alla guerra in Siria, per estendere dalla sua frontiera il controllo che avrà nella zona di Idlib, che limita a sud con il cantone kurdo di Afrin.
Kaynak ha giustificato in maniera attenuata l’operazione militare, affermando che grazie alle conversazioni di Astanà e attenendosi al mandato per “stabilire zone di sicurezza nella regione”, queste saranno “a carico delle Forze Armate di Turchia”.
Così, Ankara amplierà in buona misura il dominio che ha nel territorio siriano, in cui ha già stabilito una decina di basi militari e avvia dei programmi sia di formazione dei poliziotti, come di giudici, maestri, così come per la costruzione di ospedali, scuole e case.
È possibile che gli Stati Uniti non si intromettano nell’offensiva contro Afrin nonostante siano il principale garante delle YPG, perché il suo interesse in questo momento è nella cruciale campagna contro Raqqa, la denominata capitale del califfato islamico a est dell’Eufrate.
Ada Usal, giornalista della Redazione Europa di Prensa Latina