La polarizzazione che ha caratterizzato il paese dall’arrivo al potere del suo presidente, il repubblicano Donald Trump, non si esprimeva nella correlazione di forze politiche, perché il partito del mandatario, adesso, controlla non solo la Casa Bianca, ma anche il Senato e la Camera dei Rappresentanti.
Questo cambierà nel gennaio prossimo: per la prima volta, dall’inizio della sua amministrazione nel 2017, il governante dovrà combattere con un legislativo nel quale la Camera bassa sarà nelle mani del Partito Democratico, una formazione che Trump taccia continuamente di ostruzionista per opporsi a molti punti della sua agenda.
I membri della forza azzurra hanno ottenuto il loro proposito di impadronirsi del controllo di quell’istanza del Campidoglio, dalla quale potranno promuovere con più forza le loro politiche o affrontare quelle del capo di Stato.
Allo stesso tempo, avranno nelle loro mani la possibilità di guidare investigazioni su temi spinosi come la presunta complicità tra la campagna presidenziale di Trump e Russia nel 2016, o sulle dichiarazioni delle tasse del presidente, mentre potranno promuovere un giudizio politico contro di lui.
Ma nonostante questo risultato, non si può dire che i suffragi di questo martedì siano stati del tutto un successo democratico od una sconfitta repubblicana, perché il capo della Casa Bianca ha ottenuto vittorie importanti che lo favoriranno sia adesso e sia nella sua campagna di rielezione nel 2020.
I membri della forza azzurra hanno sommato 220 seggi nella Camera bassa di 435 membri, grazie a 29 seggi che sono riusciti a strappare alla formazione rossa, raggiungendo così la maggioranza.
Tuttavia, questo successo ha avuto il suo rovescio nel Senato, dove la forza politica di Trump è riuscita ad ampliare il vantaggio di 51-49 che ha attualmente, impadronendosi di tre seggi della Camera alta che in questo momento sono in possesso dei democratici.
I candidati del partito di Trump sono riusciti ad imporsi ai senatori democratici in Indiana, Missouri e Dakota del Nord, precisamente stati dove il presidente ha fatto una gran campagna per spingere gli aspiranti della sua forza politica.
Il Partito Repubblicano ha sommato, inoltre, successi in Florida (nelle elezioni dei governatori), Montana ed Arizona, ognuno di loro con risultati molto stretti, ed in Mississippi, si dovrà realizzare un secondo turno il 27 novembre.
Con tale bilancio nel Senato, per il mandatario sarà molto più facile approvare incarichi federali, includendo giudici conservatori che risultano molto attraenti per la sua base elettorale.
È per questo motivo che si parla di “conclusioni miste” in queste elezioni che sono state viste, anche, come un referendum sulla gestione del capo della Casa Bianca, che è stato molto attivo nel processo previo ai suffragi.
Una buona notizia per il governante è che molti dei candidati appoggiati da lui hanno ottenuto vittorie importanti, mentre membri della forza rossa che hanno preteso distanziarsi dal suo messaggio sono stati sconfitti dai democratici.
Mentre, come aspetto negativo per le sue aspirazioni di rielezione si può menzionare che si è confermato il modo in cui sta perdendo appoggio in distretti locali che hanno contribuito a portarlo alla Casa Bianca nelle presidenziali del 2016.
In ogni modo, queste elezioni hanno cancellato l’idea di una supposta “onda azzurra” nella quale i democratici avrebbero vinto molti terreni sulla base dell’alto livello di disapprovazione di Trump, in nessun caso le vittorie democratiche sono state contundenti per meritare tale qualifica.
“Se ancora qualcuno della sinistra credeva che la vittoria di Trump nel 2016 fosse una casualità, o che sarà facilmente sconfitto nel 2020, gli elettori hanno sparato un colpo di avvertenza questo martedì”, ha considerato il portale digitale The Hill.
Oltre a tutte queste interpretazioni, la cosa certa è che gli Stati Uniti si svegliano oggi con la certezza di un prossimo legislativo che oramai non sarà sotto il dominio di un solo partito.
La rete televisiva CBS News ha considerato che davanti a questa nuova situazione nel Congresso, il presidente si vedrà obbligato a lavorare più strettamente coi democratici od a ricorrere con maggiore frequenza agli ordini esecutivi, perché, altrimenti, la sua agenda rimarrà semplicemente stagnante.
Martha Andres Roman, corrispondente di Prensa Latina negli USA