Nel patio del Centro dell’Arte Contemporaneo Wifredo Lam c’è la mostra “Tessuto collettivo” ideato dalla salvadoregna Alexia Miranda, che attraverso garze, circoli sospesi nell’aria e nodi stabilisce uno spazio di convivenza cittadina, dialogo e scambio di esperienze. Emergono anche tra le proposte, che staranno disponibili fino al 12 maggio, la video-proiezione stereofonica, della messicana Tania Candiani, intitolata “Del sonido del labor: Cantos de Trabajo”; l’installazione Stasis, della peruviana Maya Watanabe; e gli arazzi su temi sociopolitici ed ambientali di Abdoulaye Konatè, proveniente dal Mali.
Risaltiamo la performance partecipativa dell’austriaco Clemens Kraus, che si allontana un po’ dalle pitture e dalle installazioni per proporre un nuovo progetto, che con il titolo “Trasferencia” gli permetterà realizzare sessioni di psicoanalisi anonime ed individuali durante la Biennale.
Con un invito a riflettere, ad aprirsi a nuove esperienze ed avanzare, la mostra interattiva “Blanco”, della cubana Tamara Campo, ha rubato l’attenzione del pubblico presente all’inaugurazione.
Ha molto inquietato i presenti la video-installazione intitolata: “Poetica, Podredumbre y Polyvision”, del cileno Camilo Yañez, mentre l’uruguaiano Fernado Foglino è riuscito a captare l’attenzione con una selezione di pezzi -repliche di opere classiche rubate – in una specie di denuncia e chiamato di attenzione davanti alla distruzione dell’arte.
La XIII Biennale de L’Avana è incominciata oggi con la partecipazione di creatori di più di 50 paesi, che hanno la missione di trasformare con arte gli spazi pubblici di questa capitale ed altre città di Cuba.
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