martedì 26 Novembre 2024
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Denunciano ingerenza degli USA in Bolivia davanti al vantaggio di Evo Morales

Il vantaggio che mantiene oggi il presidente Evo Morales nelle inchieste sul suo più vicino rivale alla sua rielezione, apporta più credibilità alle denunce di ingerenza degli Stati Uniti per unificare il voto oppositore. 

 
Secondo la prima inchiesta nazionale realizzata da Ciesmori per la catena multimedia El Deber e pubblicata domenica scorsa, Morales con 37% supera l’occupante del secondo posto e rappresentante di Comunidad Ciudadana (CC), Carlos Mesa, che raggiunge solo il 26%, ed è il suo più vicino avversario. 
 
Situato in terza posizione con il 9% si trova Oscar Ortiz, dell’Alianza Bolivia Dijo No (BDN); al quarto posto Victor Hugo Cardenas, con il 3%, di Unidad Civica Solidaridad (UCS), ed il resto degli aspiranti non superano l’1% nell’intenzione di voti. 
 
Secondo lo studio di Ciesmori, i voti in bianco e nulli sommano il 12%, un 6% degli intervistati non sa per chi votare, il 2% non ha voluto rivelare la sua decisione e l’1% non ha risposto. 
 
Realizzato tra il 12 ed il 18 luglio in tutte le città capoluogo e l’area rurale dei nove dipartimenti dello Stato Plurinazionale, lo studio ha incluso 2015 interviste con un 2,2% di margine di errore. 
 
Riferendosi a questo scenario, l’analista politico boliviano Hugo Moldiz ha dichiarato che la destra deve concentrarsi su una sola candidatura, cioè “il voto duro della destra”, tenendo in conto la tendenza in cui “Evo aumenterà e Mesa diminuirà la sua percentuale”. 
 
Su questa base, anche l’ex ministro di Governo della Bolivia (2015), responsabilizza di fronte a Washington la rinuncia alla vicepresidenza per BDN di Edwin Rodriguez alle elezioni generali del 20 ottobre di quest’anno, nell’articolo “Intromissione degli USA aggrava la crisi della destra”. 
 
Riferendosi agli antecedenti, il politologo ricorda che in novembre del 2017, quando il Tribunale Costituzionale Plurinazionale della Bolivia ha emesso una sentenza a favore della candidatura di Morales-Garcia Linera, il Dipartimento di Stato statunitense ha esatto al presidente indigeno di non presentare la sua candidatura. 
 
Il Senato statunitense, da parte sua, ha approvato anche lui una risoluzione che esigeva la non presentazione di Morales. Mesa è andato negli Stati Uniti dove ha avuto riunioni con alti funzionari e senatori, ed al suo ritorno ha reiterato davanti alla stampa che ristabilirà relazioni piene al più alto livello con Washington, se diventa presidente. 
 
Bolivia e gli Stati Uniti mantengono nessi a livello di Ministri Consiglieri, dopo che nel 2008 è stato espulso per ingerenza nei temi interni l’ambasciatore Phillip Golberg, con l’Agenzia Antidroga (DEA, in inglese) e l’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo (Usaid, per le sue sigle in inglese). 
 
Inoltre, nonostante prometta di copiare dal governante del Movimento al Socialismo la preservazione dell’indipendenza e della sovranità in politica estera, Mesa lascia intravvedere, nel suo atteggiamento verso Venezuela, la sua subordinazione agli interessi dei governanti statunitensi. 
 
Perfino, il giornalista e storiografo che si dà arie da democratico ha reiterato davanti alla stampa il suo appoggio al presidente immaginario di quella nazione sud-americana, Juan Guaidò, nonostante i due frustrati tentativi di golpe di stato che ha diretto questo anno e le denunce di corruzione milionaria contro di lui e vari dei suoi parenti. 
 
L’obiettivo di Washington è ottenere che in un primo turno Morales non riesca a conquistare più del 40% dei voti e 10 punti di vantaggio sull’occupante del secondo posto, fatto che gli permetterebbe la rielezione, per poi forzare un ballottaggio nel quale il voto dell’opposizione si concentri. 
 
Per ottenere questo obiettivo, secondo Moldiz, Washington pretende di sacrificare la candidatura di Ortiz, e con quell’aiuto, Mesa potrebbe vincere. 
 
Jorge Petinaud, corrispondente di Prensa Latina in Bolivia 

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