Uno dei pronunciamenti più recenti al riguardo è arrivato dai partiti di opposizione che hanno sollecitato al governo di implementare integralmente quello che è stato firmato nel 2016 dallo Stato e dall’ex guerriglia Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito del Popolo (FARC-EP).
L’implementazione dell’Accordo solamente sarà garantita se nel presupposto nazionale si assegnano le risorse sufficienti per la sua materializzazione, hanno affermato mediante una dichiarazione presentata dal presidente del partito Forza Alternativa Rivoluzionaria del Comune (FARC), Rodrigo Londoño, accompagnato dai rappresentanti di altre formazioni politiche.
“Nessuno capisce perché per la guerra ci siano sempre risorse immediate, mentre si discute ogni centesimo che si destina alla costruzione della pace”, hanno enfatizzato nella dichiarazione, presentata con il titolo: “Risposta dei partiti di opposizione all’allocuzione del Presidente della Repubblica sull’annuncio di Ivan Marquez (ex comandante delle FARC-EP) di ritornare alle armi”.
I messaggi delle comunità dai distinti territori della Colombia e l’immediata reazione per difendere l’Accordo ed i più del 95% dei ex guerriglieri che rimangono fedeli alla pace, sono il riflesso del paese nazionale che anela la concordia, hanno precisato.
Unito a ciò, la Missione di Verifica dell’ONU in Colombia ha sottolineato recentemente l’impegno di quelli che scommettono sulla pace nel paese ed ha sollecitato il compimento dell’Accordo.
Solo alcuni giorni fa, Oscar Montero, consulente dell’Organizzazione Nazionale Indigena della Colombia (ONIC), ha dichiarato a Prensa Latina che è fondamentale che lo stato garantisca la piena implementazione dell’Accordo di Pace, in un contesto di violenza contro le comunità native.
Attualmente non abbiamo una garanzia reale ed effettiva dell’implementazione ed il compimento di quanto pattuito a L’Avana, ha sottolineato.
Secondo lui, per mettere fine al genocidio in tempo di pace che stanno vivendo i popoli indigeni, lo stato deve cercare, consultandolo con le comunità e con i territori, l’implementazione dell’Accordo di Pace ed anche di quello che c’è nella cornice del Piano Nazionale di Sviluppo.
Frattanto, le comunità afrodiscendenti hanno chiesto una presenza integrale dello stato nei loro territori, in un contesto marcato da minacce, assassinati ed, in generale, violazioni dei diritti umani.
Il 29 agosto scorso, dirigenti della guerriglia FARC-EP hanno fatto conoscere, mediante un video, l’inizio di una nuova tappa di lotta come risposta al “tradimento dello stato colombiano agli Accordi di Pace”.
Nelle immagini divulgate dai mezzi di stampa, c’erano Ivan Marquez insieme a Jesus Santrich ed ad Hernan Dario Velasquez, El Paisa.
“Il nostro obiettivo strategico è la pace della Colombia con giustizia sociale (…) questa è la nostra bandiera, la bandiera della pace”, ha detto Marquez.
Inoltre, ha denunciato il continuo assassinio dei leader sociali e degli ex combattenti smobilitati e le grandi problematiche che colpiscono il paese sud-americano, come alcune delle cause per il ritorno alla lotta armata.
Secondo una relazione della Fondazione Pace e Riconciliazione, tra il 24 novembre 2016 (data in cui è stato firmato l’Accordo di Pace ed il 12 agosto 2019), si sono registrati 106 assassini di ex guerriglieri, che stavano compiendo alcuni lavori per la reincorporazione alla vita civile.
Queste persone agivano in distinti scenari lavorativi, educativi ed esercitando ruoli di leadership nelle loro comunità per la difesa della pace, l’ecosistema, l’implementazione dell’Accordo, tra gli altri. Non si può nemmeno dimenticare che fino al momento sono stati assassinati 26 dei loro parenti, ha concluso.
Massiel Fernandez, corrispondente di Prensa Latina in Colombia