Fino al momento, almeno 35 mila persone sono risultate positive nelle prove e 458 sono morti, d’accordo con le informazioni emesse dai mezzi locali e dall’Università Johns Hopkins.
Il numero di casi si è raddoppiato dal pomeriggio del venerdì 20 marzo; i numeri crescono esponenzialmente man mano che si espandono le prove di diagnosi per tutta la geografia degli USA.
Agli inizi di marzo, quando l’accesso alle prove era ancora eccessivamente limitato, c’erano appena 70 infezioni constatate.
L’espansione della pandemia paralizza già la vita pubblica nella maggioranza degli Stati: scuole chiuse, negozi vuoti, incontri di massa cancellati, riunioni proibite.
Uno di ogni tre statunitensi vive ora sotto misure di confino.
A New York si sono annunciati 4800 nuovi casi. Ci sono già più di 15 mila infezioni in tutto questo territorio, quasi la metà di tutte quelle documentate nel paese, la gran maggioranza nell’area metropolitana della città di New York.
La Grande Mela è oggi una degli epicentri globali della pandemia: quasi uno di ogni 20 casi confermati nel mondo si trova nella città.
“Questa settimana la situazione è dura. Dobbiamo unirci come nazione. In realtà, necessitiamo che tutto il mondo rimanga in casa”, ha chiesto il Chirurgo Generale (direttore generale di Salute Pubblica), Jerome Adams.
Man mano che si estende il nuovo coronavirus, sorgono i dubbi sul fatto se il paese è preparato per rispondere alla minaccia.
Errori burocratici hanno provocato una deficiente distribuzione di prove di diagnosi che ha impedito di stimare in tempo l’avanzamento reale del virus, ha ricordato l’analista Pablo Guimon.
Ma inoltre il personale medico allerta della mancanza di mascherine e respiratori mentre la Guardia Nazionale ha già inviato 7300 militari per tutto il paese.
Migliaia di lavoratori perdono i loro impieghi; i mercati finanziari sono rimasti ad una terza parte del loro valore in un solo mese.
E nel centro di tutto, un presidente come Donald Trump, che ha costruito il suo potere sulla polarizzazione e l’isolamento, dirige la risposta ad una crisi che, più che nessun altra, richiede unità e cooperazione, ha sottolineato Guimon.
Un comandante in capo abituato ad orientarsi col suo istinto e la sua vanità, davanti ad una crisi dove inevitabilmente deve lasciarsi guidare dagli esperti, ha aggiunto.
Trump ha iniziato a criticare perfino la dottrina scientifica sulla gravità della minaccia.
Quando questa era innegabile, si è scagliato un’altra volta contro la stampa, ha sfidato di nuovo gli esperti, ha trasformato il coronavirus nel “virus cinese”, ha progettato un nemico straniero, secondo le sue ossessioni geo-strategiche, per infiammare le sue basi col suo combustibile prediletto, ha puntualizzato l’esperto.
Ad appena sette mesi dalle presidenziali, il presidente ha assistito impotente come un nemico microscopico distrugge senza contemplazioni l’economia del paese, il cui vigore vedeva come il principale argomento per la sua rielezione.
D’accordo con gli osservatori, mentre i leader di tutto il mondo tentano di consapevolizzare i cittadini per una lotta che potrebbe prolungarsi per mesi, Trump considera assurdi i limiti delle misure drastiche per rallentare l’espansione del virus.
“Non possiamo permettere che il rimedio sia peggiore che il problema in sé stesso. Alla finale del periodo di 15 giorni, prenderemo una decisione sulla strada che vogliamo seguire!”, ha scritto il mandatario in twitter.
Luis Beaton, giornalista di Prensa Latina