Il fatto di seppellire in mezzo al suo discredito la Commissione dei Diritti Umani, che ha celebrato la sua ultima sessione il 27 marzo 2006, aveva portato la speranza della nascita di un forum nel quale le potenze occidentali smettessero di accusare i paesi impegnati ad esercitare la loro sovranità e non l’ingerenza, per potere giustificare sanzioni e politiche di cambiamento di regime contro i paesi non allineati con l’imperialismo.
Ci sono risultati come l’Esame Periodico Universale, una delle vecchie pratiche delle risoluzioni, dei dibattiti, delle relazioni e delle commissioni investigatrici contro le nazioni del Sud, che generano preoccupazione sulla credibilità del Consiglio e dei suoi meccanismi.
Precisamente nella giornata dell’anniversario, vari interventi del dibattito generale della 46° sessione, prevista qui dal 22 febbraio al 23 marzo, si sono dedicati a replicare le accuse.
Questo lunedì, Russia ha ricordato che tutti i paesi hanno diverse sfide in materia di diritti umani ed ha considerato ipocrite le posizioni dell’occidente, che opta per criticare prima di guardarsi allo specchio, facendo riferimento alla violenza della polizia in Europa e negli Stati Uniti.
Anche l’Iran ha respinto che alcuni governi pretendano di imporre la loro maniera di pensare ed il loro sistema legale, ignorando principi come il rispetto alla sovranità e all’autodeterminazione, mentre Cuba ha chiesto la sospensione della manipolazione e della doppia morale.
Giornata dopo giornata, la 46° sessione dell’organo di 47 Stati membri ha ratificato che il cancro dell’impiego dei diritti umani come arma di aggressione non è stato estirpato dal lontano 15 marzo 2006.
Nuovamente Siria, Venezuela, Nicaragua, Iran, Bielorussia o la Repubblica Popolare Democratica della Corea sono i bersagli di meccanismi per accusarli, con l’obiettivo di giustificare punizioni che vanno dalle sanzioni fino alla guerra economica o perfino l’intervento militare.
Il rappresentante del Venezuela nel Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, Héctor Constant, ha considerato come un circo mediatico il forum organizzato contro il suo paese lo scorso 10 marzo e ha denunciato l’uso del sensibile tema dei Diritti Umani come arma di aggressione.
D’accordo con l’ambasciatore, Venezuela avrebbe voluto analizzare nel Consiglio i suoi sviluppi in materia di diritti umani, abbordare la cooperazione o discutere l’impatto delle illegali misure coercitive unilaterali che affronta il paese della nazione sud-americana, in una crociata diretta dagli Stati Uniti.
Tuttavia, dobbiamo intervenire per denunciare e respingere categoricamente un’altra volta la perversione di meccanismi che si creano solo col fine di aggredire, ha fatto notare a proposito della presentazione di una relazione della missione attivata per identificare ipotetiche violazioni dei diritti umani nel suo paese.
Constant ha ricordato che questo gruppo non è mai stato in visita a Venezuela e scialacqua abbondanti risorse nella sua crociata per attaccarla, in sintonia col proposito degli imperi di classificare come buoni i governi che li compiacciono e come cattivi quelli che si oppongono ai loro giudizi.
Orgogliosamente il mio paese, è ubicato dalla parte di quelli che resistono contro l’egemonia imperiale, ha sentenziato.
Da parte sua, il rappresentante permanente di Cuba presso l’ONU a Ginevra, Juan Antonio Quintanilla, venerdì scorso ha convocato affinché si smetta di usare i diritti umani come un’arma politica ed ha patrocinato per il dialogo e la cooperazione, invece di scommettere sulla doppia morale, sulla messa a fuoco punitiva e sulla selettività.
Quintanilla ha ripudiato che alcuni governi cerchino di dare lezioni su standard di democrazia e di diritti umani, lontani dalla realtà, e che molte volte sono proprio loro i primi a non compiere le loro stesse norme.
Inoltre, ha criticato nel forum che non si condannino flagranti ed evidenti violazioni dei diritti umani commesse dai paesi più poderosi, tra loro le criminali misure coercitive unilaterali, le minacce, le aggressioni contro Stati più deboli e la continua trasgressione delle regole più basilari che dirigono le relazioni internazionali.
di Waldo Mendiluza, corrispondente a Parigi di Prensa Latina