In un’intervista con Prensa Latina, il sacerdote dell’ordine dei domenicani ed uno dei massimi esponenti della Teologia della Liberazione, sottolineò che Cuba continua a dimostrare la sua solidarietà ad oltre 100 paesi poveri del mondo che contano sulla presenza di medici e maestri dell’isola.
“Credo che Fidel è un esempio di vita per tutti noi ed un respiro per il futuro della Rivoluzione Cubana”, espresse l’intellettuale, che possiede il premio internazionale Josè Martì dell’Unesco.
Ricordò che gli piacque molto -durante le esequie del Comandante in Capo – che tutti i cubani dicevano: “Yo soy Fidel”.
Cioè, noi siamo Fidel ed in questo senso dobbiamo avere un compromesso per migliorare e fortificare il socialismo a Cuba e soprattutto fare in modo che continui a resistere alle aggressioni imperialiste, enfatizzò.
Sulla celebrazione in Salvador per i 25 anni dalla firma degli Accordi di Pace, Betto la qualificò come una conquista molto importante.
“In altri paesi abbiamo lottato per riscattare la democrazia e questo accordo ha fondato la democrazia, ma è una democrazia ancora incompleta perché esistono altre guerre”, sottolineò Betto, che è stato in prigione per affrontare il regime militare del suo paese.
L’autore di “Fidel e la Religione” descrisse che ci sono delle altre guerre e Salvador e la maggioranza dei paesi dell’America Latina e dei Caraibi “devono fare la guerra contro la povertà, la fame, le bande delittive o il narcotraffico”.
Sui processi di cambiamento come quello del Brasile, interrotto da un golpe parlamentare e giudiziale, espresse che lui ha un principio: “Bisogna conservare il pessimismo per giorni migliori”.
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