venerdì 26 Luglio 2024
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Cancellare l’avvicinamento degli USA a Cuba creerebbe molti debiti

Mentre le notizie di stampa continuano ad affermare che il presidente Donald Trump diminuirà l'avvicinamento a Cuba, una conclusione è presente in quasi tutte le analisi: fare retromarcia sull'apertura creerebbe troppi debiti. 

 
Così lo considera il titolare della coalizione Engage Cuba, James Williams, che manifestò che un smontaggio delle politiche implementate a partire dall’amministrazione di Barack Obama (2009-2017) sarebbe negativo per i paesi statunitense e cubano, e per lo stesso capo della Casa Bianca. 
 
Se la politica si rovescia, la comunità imprenditoriale nordamericana può perdere significativamente, soprattutto nel tema del commercio, espresse in un’intervista con Prensa Latina. 
 
Williams, la cui organizzazione promuove in circoli politici ed imprenditoriali il sollevamento del bloqueo economico, commerciale e finanziario imposto da Washington all’isola, risaltò i risultati di una notizia che elaborò recentemente Engage Cuba insieme ad altri gruppi, di economisti e di esperti. 
 
Tale relazione dimostra che cambiare la rotta del processo con la nazione caraibica costerebbe all’economia degli Stati Uniti 6600 milioni di dollari e più di 12 mila posti di lavoro, in aree come quelle dell’alloggio e del turismo, dell’agricoltura, della manifattura e del commercio, tra le altre. 
 
Davanti a questo tipo di previsione, richiamò l’attenzione sul fatto che sebbene Trump si dice un presidente interessato nel promuovere l’impiego e togliere regolazioni che frenino la crescita, una marcia indietro con Cuba sarebbe esattamente l’opposto a tutto ciò. 
 
Pertanto, gli Stati Uniti non sarebbe al primo posto, come difende il governante, bensì all’ultimo, espresse il titolare. 
 
Nel dialogo si riferì ad un’inchiesta divulgata questa settimana secondo la quale il 65% dei nordamericani vuole che l’apertura continui. 
 
Perfino, sottolineò, che anche il 64% degli elettori repubblicani è a favore di avanzare con le misure degli ultimi anni, le appoggiano due terzi del suo partito, ed il presidente pretende, ugualmente, distruggerle, ha osservato. 
 
D’accordo con Williams, questa regressione non è neanche appoggiata dai cubano-americani nello stato meridionale della Florida, perché i sondaggi più recenti dimostrarono che il 63% di quelli radicati nella contea di Miami-Dade si oppongono al bloqueo. 
 
“Allora si tratta di qualcosa che va contro la comunità imprenditoriale, del desiderio dei repubblicani, degli indipendenti e dei democratici, dei cubano-americani, della maggioranza del Senato; l’unica conclusione è che c’è qualcosa in più che sta succedendo, qualche tipo di commercio politico dietro il sipario”, affermò. 
 
Segnalò che non si sanno ancora i dettagli dell’annuncio che si aspetta per domani a Miami, ma si possono arrischiare alcune conclusioni di dove sarà diretto per trattarsi di un piano influenzato dal senatore Marco Rubio ed il congressista Mario Diaz-Balart. 
 
A dire del titolare di Engage Cuba, sembra che entrambi i legislatori vendessero a Trump la storia che la reversione piacerebbe alla gente, “ma credo che la sua squadra si sta rendendo conto che non è così”. 
 
“Il numero di persone che vuole continuare l’avvicinamento, in paragone con quelli che desiderano tornare indietro, dimostra quasi una proporzione di 100 ad uno”, stimò Williams. 
 
Sulla probabile ripercussione dell’annuncio, manifestò che bisogna aspettare i dettagli, che possono includere ancora più restrizioni ai viaggi degli statunitensi a Cuba, nuove limitazioni commerciali, o varie questioni, che possono essere l’invio di denaro fino all’agricoltura. 
 
Non sappiamo quanto severo e monopolizzatore risulterà, aggiunse il presidente della coalizione che indicò, inoltre, la possibilità che il discorso di domani sia piuttosto un passo retorico e non cambiamenti di leggi concreti. 
 
Ma ha sottolineato che Rubio e Diaz-Balart devono aver fatto pressioni molto forti alla Casa Bianca affinché non sia solo un atto simbolico, ma porti misure specifiche. 
 
Interrogato sull’impatto che questa questione potrebbe avere nel Campidoglio, dove si sono introdotti vari disegni di legge sui viaggi ed il commercio col territorio cubano, Williams ha considerato che, da una parte, potrebbe animare alcuni legislatori. 
 
Molti membri del Congresso sentono che le loro voci non sono state ascoltate nel processo di revisione della politica verso Cuba, potremmo sentire magari la collera dei repubblicani che pensano che la Casa Bianca non li ha presi in considerazione, e questo li motiverebbe di più a fare pressioni per nuovi avanzamenti. 
 
Ma si riferì anche alla possibilità di un effetto di raffreddamento in altri legislatori che non vogliano stare contro l’amministrazione. 
 
Intorno a quello che verrà dopo l’annuncio, anticipò che Engage Cuba analizzerà le regolazioni concrete da adottare in luoghi come i Dipartimenti del Tesoro e del Commercio, e tenterà di sommare esperti su queste negoziazioni, affinché i criteri degli interessati possano ascoltarsi. 
 
Ha osservato che questo processo di retroazione sarà vitale durante le prossime settimane, e disse che continueranno il lavoro negli stati, dove è presente da tutte le parti un appoggio crescente, “dal Michigan fino alla California, Idaho, Arkansas o Texas”. 
 
Secondo Williams, le persone sono desiderose che l’avvicinamento continui, eccitate dalle opportunità che porta, e quello che possa succedere questo venerdì è un appello per raddoppiare gli sforzi. 
 
Martha Andres Roman, corrispondente di Prensa Latina negli Stati Uniti

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