I manifestanti chiedono sopratutto l’applicazione del capitolo etnico del patto convalidato tra il governo e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito del Popolo (partito attuale Forza Alternativa Rivoluzionaria del Comune).
La protesta dei popoli indigeni è stata convocata dal Consiglio Indigeno Regionale del Cauca (CRIC), l’Associazione delle Giunte Indigene del Nord del Cauca, l’Organizzazione Nazionale Indigena della Colombia (ONIC) e il Summit Agrario, Etnico e Popolare.
Nonostante la volontà espressa dal governo del presidente Juan Manuel Santos per rispondere alle richieste presentate, il deficit dei diritti dei popoli indigeni è sempre più grande e le nostre lotte sono criminalizzate, ha affermato una dichiarazione del CRIC.
Il Consigliere Maggiore della ONIC, Luis Fernando Arias, ha sottolineato che la mobilitazione è per la difesa dei territori ancestrali.
“Non ci sarà pace senza i popoli indigeni, non ci sarà pace se le nostre proposte non sono incorporate all’interno dell’Accordo di Pace e si sviluppa il Capitolo Etnico e si dà il risarcimento del buon nome ai 106 Popoli Indigeni, Etnici, Agricoltori ed ad altri settori sociali del paese”, ha detto.
Con una significativa popolazione indigena e afro-colombiana, i dipartimenti Valle del Cauca, Cauca e Chocò sono considerati qui gli epicentri della cosiddetta Minga Nazionale Indigena per la Vita.
Partecipano anche alla manifestazione nativi dei dipartimenti Cauca, La Guajira, Tolima, Huila, Norte de Santander, Chocò, Nariño e Putumayo, tra gli altri.
Si sono uniti alla protesta dei popoli indigeni anche altri settori, come i contadini e gli insegnanti, in disaccordo sulla lenta attuazione degli accordi di pace.
Dal 25 ottobre, le organizzazioni contadine hanno decretato uno sciopero nazionale in Colombia per respingere la violazione degli accordi governativi concordati con il settore agrario, a partire dal 2013.
Tanto indigeni come contadini, coinvolti nella coltivazione ancestrale della foglia di coca, si oppongono allo sradicamento forzato dei loro raccolti ed esigono l’eradicazione delle colture illecite in modo volontario, accompagnata da una sostituzione programmata e garantita di colture per tutelare il sostentamento delle loro famiglie.
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