“La forma in cui è arrivato alle nostre mani questo Diario non si può divulgare ”, ha detto il Comandante in Capo Fidel Castro quando è stata pubblicata la prima edizione del documento.
In quell’epoca, bisognava rimanere in silenzio. Era in pericolo la vita di molti ed il rischio di bloccare un’operazione che, se risultava vantaggiosa, avrebbe smentito le tergiversazioni attorno al fatto.
Oggi, in occasione del 50º anniversario della pubblicazione e dopo 35 anni di anonimato, è il momento di rompere il silenzio ed aprire i cassetti.
“Ora che ho compiuto 80 anni, pretendo rivelare tutta l’ingerenza che commetteva la CIA”, così ha detto Ricardo Aneyba, ex capo del dipartimento tecnico di questa agenzia in Bolivia ed uno dei protagonisti di questa storia.
I ricordi di Aneyba
In ottobre del 2017, il viso di Aneyba si è conosciuto nell’atto per il 50º anniversario dell’assassinio del Che, in Valle Grande, in Bolivia.
Come agente CIA gli era stato ordinato di creare un centro di informazione dove documentava le chiamate telefoniche, le lettere ed ogni passo delle persone, soprattutto i soci della sinistra.
Aneyba ha avuto tra le sue mani ed ha consegnato tre cassetti di documenti nei quali c’erano l’elenco degli agenti infiltrati nei mezzi di stampa, partiti politici ed altre organizzazioni, la contabilità dei registri di pagamenti e registrazioni.
In quell’epoca, Bolivia aveva le porte aperte all’intelligenza nordamericana che influenzava sfacciatamente nelle prese di decisioni del generale René Barrientos, l’allora presidente della nazione.
Questo uomo ha investito molte energie e risorse nella persecuzione ed assassinio del Che e, dopo l’omicidio, ha considerato il suo Diario come trofeo di guerra.
Tuttavia, le forze di sinistra continuavano a germinare e molti dei suoi discepoli, non professavano oramai la stessa fede del loro governo. Questi obbedivano ai loro ordini, ma avevano girato gli occhi verso altri ideali e convinzioni politiche.
“È arrivato Arguedas e mi ha detto: Il presidente vuole che tiri fuori una fotocopia dal diario col suo originale, dopo mi fece un segno con la mano, ed io ho risposto col pollice verso rivolto in alto”, ricorda Aneyba.
Antonio Arguedas, autore intellettuale del fatto
Antonio Arguedas è stato un fondatore del Partito Comunista boliviano nella decade degli anni 50 e, 15 anni dopo, si è alleato con la CIA, dalla sua posizione di Ministro dell’Interno boliviano.
Il gesto che ha fatto ad Aneyba gli ha confermato che era il momento per iniziare l’azione. Sotto la sua orientazione il Diario è stato consegnato al giornalista boliviano Victor Zannier, che aveva l’incarico di uscire dal paese coi pezzi filmici mascherati in un astuccio di musica.
Cile è stata la sua prima fermata. Lì ha dato il documento al suo collega cileno Hernan Uribe, editore della rivista Punto Finale, al direttore generale del giornale, Manuel Cabieses, ed al diplomatico Luis Fernandez Oña, che ha confermato l’autenticità del Diario riconoscendo la calligrafia del Che.
Il giornalista Mario Diaz è stato l’addetto ad attraversare le frontiere e portarlo a L’Avana, e consegnarlo nelle proprie mani di Fidel.
Qui i tramiti di trascrizione ed impressione durarono pochi giorni. Un milione di esemplari sono stati spartiti nelle mani del popolo de L’Avana in forma gratuita e di forma simile succedeva in altre parti dell’isola, il 1º luglio 1968 .
In quell’epoca nel suo prologo diceva: (…) Mancano solo poche pagine che non sono arrivate ancora nelle nostre mani, ma dal momento che corrispondono a delle date in che non hanno avuto luogo fatti di importanza, non si altera in assoluto il contenuto dello stesso”.
Yelena Rodriguez, giornalista della sezione culturale di Prensa Latina