venerdì 26 Luglio 2024
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Siria ed il riscatto del Patrimonio Archeologico

Nonostante la guerra imposta, Siria riesce a riscattare le basi fondamentali del suo Patrimonio Archeologico, la cui fusione con caratteristiche tipicamente nazionali rappresenta il passaggio di sette civiltà in migliaia di anni. 

 
Tale caratteristica la definisce come uno dei più importanti territori nella storia del Medio Oriente e di tutta l’Umanità. 
 
In questa tappa cronologica dove sono avvenute la riapertura del Museo Nazionale di Damasco, la sua filiale ad Aleppo, le restaurazioni della millenaria moschea di Mouri, ad Homs o delle norie di origine ottomana ad Hama, ci sono stati risultati significativi. 
 
Dette azioni permettono l’aggiornamento continuato di una mappa interattiva sull’archeologia in questa nazione del Levante, stabilito come guida dal 2016. 
 
A questi fatti, dimostrativi dell’ingente sforzo dei dirigenti, specialisti e lavoratori del Dipartimento Nazionale di Antichità e Musei, si unisce la consegna da parte dell’Esercito di nove mila pezzi recuperati nei territori liberati. 
 
Inoltre, la scoperta del secondo mosaico più grande del paese trovato ad Uqueirbat, nella provincia di Hama e quella di un mirhab (nicchia), nella Gran Moschea Nouri, nella centrale città di Homs. 
 
Allo stesso modo, sono stati formalmente iscritti nella lista della Patrimonio Nazionale, le principali edificazioni che fanno parte della linea della ferrovia di Hijaz, costruita nel 1914, di 1300 chilometri di percorso e che univa Damasco con la città di Al Medina, in Arabia Saudita. 
 
A dispetto delle distruzioni causate, il governo è riuscito a sistematizzare l’analisi e gli studi per proseguire le valutazioni di riabilitazione nei centri storici di Aleppo, Bosra e Palmira, il mantenimento di quello di Damasco ed i lavori con questo scopo nel Crac dei Cavalieri, nella provincia di Homs, tutti dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco), tra il 1979 ed il 2006. 
 
A partire dalla mappa interattiva, base primordiale per questi lavori, sono stati definiti 758 luoghi archeologici in tutto il paese, dei quali 24 sono stati totalmente distrutti e 189 hanno sofferto danni parziali o moderati, concentrati in circa il 62%% del totale (477 luoghi) in aree delle province di Aleppo, Homs e Deir ez-Zor. 
 
Mahmud Hamud, direttore generale Dipartimento di Antichità e Musei della Siria, ha offerto a Prensa Latina dettagli di tutto il lavoro fatto e quello che si sta ancora svolgendo, l’intenso lavoro dei restauratori, il metodo per occultare, proteggere e conservare le dimostrazioni dell’affanno distruttivo dei gruppi terroristici e contro il saccheggio e contrabbando di migliaia di pezzi, come la lotta per la loro devoluzione in coordinazione con l’Interpol ed in consonanza con le risoluzioni 2247 e 2197 delle Nazioni Unite. 
 
Fino ad ora, ha precisato, molto pochi applicano queste risoluzioni, mentre gli oggetti di incalcolabile valore circolano ancora in nazioni dell’Europa, degli Stati Uniti e del Canada. 
 
Per lo specialista, la collaborazione della popolazione nei luoghi in studio e per scoprire scavi illegali in zone occupate dagli estremisti, è fondamentale ed ha ricordato, al riguardo, fatti di questo tipo successi ad Aleppo e Deir ez-Zor, tra gli altri. 
 
Tutto il lavoro che si esegue deve essere collettivo, ha sottolineato, e gli sforzi in questo senso permettono di lavorare con ottimismo, precisione e sicurezza per riscattare il patrimonio archeologico di questa nazione del Levante, considerata prima della guerra, il Paradiso dell’Archeologia e dove sono stati scoperti e documentati i primi insediamenti umani più di 10 mila anni fa. 
 
   
Pedro Garcia Hernandez, corrispondente di Prensa Latina in Siria 

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