Il documento rivela che tra le pratiche israeliane contro la popolazione palestinese c’è la proibizione di entrata al complesso della moschea di Al-Aqsa, il terzo luogo più sacro dell’Islam, ubicato nella città vecchia di Gerusalemme.
Nonostante, si sono anche contati arresti domiciliari, proibizione del diritto al culto, demolizione di case, cancellazione di eventi sotto diversi pretesti, retate notturne in case e reclusioni senza garanzie penali, tra le altre pratiche.
Il fatto è che negli ultimi mesi, a causa del riconoscimento da parte dell’amministrazione statunitense di Donald Trump di Gerusalemme come capitale dell’Israele in dicembre del 2018, Tel Aviv ha incrementato la sua campagna di propaganda affinché altri paesi seguano i passi di Washington.
Una maggiore repressione contro il popolo palestinese, insieme ad un maggiore riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte della comunità internazionale, cambierebbe lo status quo di Città Santa, al quale si è sempre opposta l’Autorità Palestinese.
Il 31 marzo, il Ministero palestinese di Relazioni Estere e degli Espatriati ha condannato, nei termini più energici, la posizione della Cancelleria del Brasile che è stato il paese più recente nel realizzare dichiarazioni ufficiali sull’apertura di un ufficio commerciale con status diplomatico nell’occupata Gerusalemme.
Inoltre, ha considerato questa posizione come una flagrante violazione della legittimità internazionale ed un’aggressione diretta contro il popolo palestinese ed i suoi diritti.
Ha qualificato l’azione come un’approvazione alle pressioni statunitensi ed israeliane, destinate a perpetuare le attività di occupazione ed insediamento, tentare di rendere tutti giudei e l’annessione di Gerusalemme occupata, come l’imposizione energica della legge israeliana sulla città.
Poi, ha riaffermato che Gerusalemme è una parte integrale dei territori palestinesi occupati nel 1967 e che le decisioni prese dalla Casa Bianca e Tel Aviv non daranno all’occupazione il diritto su Gerusalemme Orientale ed i suoi dintorni.
Anche così, il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, ha compiuto agli inizi di aprile una visita ufficiale di quattro giorni in Israele, che ha incluso un esteso percorso nella città di Gerusalemme, in compagnia del primo ministro Benjamin Netanyahu.
Il capo di Stato brasiliano ha visitato il Museo dell’Olocausto a Gerusalemme, dove ha diretto una cerimonia in memoria dei sei milioni di ebrei sterminati dai nazismi.
Inoltre, è stato il primo presidente del mondo a visitare con un primo ministro israeliano il Muro del Pianto, azione che i dignitari normalmente non fanno per trovarsi in territorio palestinese occupato.
La visita di Bolsonaro alla zona occupata dell’urbe con status speciale ha sollevato le critiche dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP).
Da parte sua, il leader dell’opposizione nel Senato del Brasile, Randolfe Rodrigues, ha respinto l’agenda di Bolsonaro in Israele ed ha detto che non rappresenta la coscienza del popolo brasiliano.
Le dichiarazioni di Rodrigues sono state fatte durante una visita all’ambasciata palestinese in Brasile, dove si è riunito col rappresentante dell’Autorità Palestina, Ibrahim al-Zaben.
Il senatore brasiliano ha segnalato che la sua visita in quella sede diplomatica è un messaggio di solidarietà del popolo brasiliano che riafferma l’unione del suo blocco parlamentare col popolo palestinese.
Nicholas Valdes è corrispondente di Prensa Latina in Egitto