venerdì 26 Luglio 2024
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Annessione di terre palestinesi, un evidente piano di Israele

Il piano di Israele in Palestina risulta oggi sommamente chiaro e Tel Aviv non cerca neanche di occultarlo: vogliono ottenere l'annessione di questo territorio occupato e ridurre al minimo questa comunità araba. 

 
Così hanno denunciato i conferenzieri della riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sotto la formula “Arria”, una sessione informale che permette la partecipazione di diversi attori ed organizzazioni internazionali che non fanno parte di quell’organo di 15 membri. 
 
Il cancelliere della Palestina, Riyad al-Maliki, ha affermato che Israele sta trasformando l’occupazione temporanea in un’annessione permanente e per questo conta con un alleato tanto importante come gli Stati Uniti. 
 
Durante le ultime cinque decadi, perfino in momenti caratterizzati come tempi di pace, il numero di coloni israeliani è cresciuto costantemente: quando si sono firmati gli Accordi di Oslo 25 anni fa, erano 100.000 ed attualmente, sono più di 600.000 nel territorio palestinese occupato, ha segnalato. 
 
Tel Aviv dal principio aveva un gran piano con un obiettivo chiaro: impadronirsi del massimo di terra con la minima popolazione palestinese, ha sottolineato al-Maliki. 
 
Gli insediamenti illegali hanno frammentato il territorio palestinese. Inoltre, Israele controlla la terra e le risorse, abbatte abitazioni e sloggia comunità intere, costruisce un muro ed incrudisce le sue politiche di colonizzazione, ha sottolineato. 
 
In questo modo, ha aggiunto, viola tutti i principi fondamentali e non nasconde oramai la sua intenzione di annettersi il territorio palestinese, e neanche i suoi progetti colonialisti. 
 
Il colonialismo israeliano ha mutato la vita quotidiana dei palestinesi ed impedisce loro di esercitare i loro diritti alla libera determinazione mentre invade le loro proprietà, vite e speranze, ha affermato. 
 
Ma questa politica dovrebbe essere fortemente condannata e combattuta, ha sottolineato il cancelliere, Israele non può essere un’eccezione nella normativa internazionale. 
 
Il popolo palestinese occupato ha bisogno di protezione perché si trova sotto il pieno controllo di una potenza militare coloniale che lo reprime brutalmente e gli nega i suoi diritti, ha detto ed ha fatto riferimento alla Legge della Stato Nazione Ebreo e la sua somiglianza con l’apartheid in Sudafrica. 
 
Il mio popolo vuole libertà, sovranità, vuole il rispetto dei suoi diritti ed il controllo sulle sue frontiere, non vuole muri né blocchi, vuole accesso alle sue risorse, non carità, ha affermato. 
 
Da parte sua, il ministro di Relazioni Estere dell’Indonesia, Retno Marsudi,  ha indicato che gli insediamenti illeciti sono il nucleo dell’occupazione di Tel Aviv in Palestina ed urge frenare la loro espansione e ritornare alle frontiere stabilite in luglio del 1967. 
 
Inoltre, ha risaltato, queste costruzioni illegali costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale umanitario e delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. 
 
L’Indonesia respinge la politica colonialista di Israele che mette la soluzione bi-statale in un grave pericolo e cerca l’annessione de facto del territorio palestinese occupato, ha denunciato Marsudi. 
 
Se la situazione attuale non cambia, ci sarà un ciclo interminabile di conflitto e di violenza, ha messo in allerta ed ha enfatizzato che non è un’opzione rimanere con le braccia incrociate: la comunità internazionale dovrebbe fare molto di più. 
 
Dopo più di 50 anni di occupazione illegale israeliana e di violenta repressione contro il popolo palestinese, la situazione nella Striscia di Gaza e Cisgiordania peggiora ogni giorno per la popolazione civile, che è spogliata dei suoi territori ancestrali e soffre la scarsità prodotta dai blocchi di Tel Aviv. 
 
Attualmente, la creazione ed il riconoscimento dello Stato palestinese è una delle cose irrisolte di più lunga attesa nelle Nazioni Unite, benché da 70 anni esista già uno Stato di Israele. 
 
Dal 2012, Palestina è riconosciuta come uno Stato osservatore non membro dell’ONU grazie ad una risoluzione dell’Assemblea Generale, adottata con 138 voti a favore, 41 astensioni e 9 voti contrari. 
 
Nel 2018, la decisione unilaterale di Washington di nominare Gerusalemme come capitale dell’Israele e trasportare lì la sua ambasciata, ha aumentato molto le tensioni nella zona ed ha lasciato un alto saldo di vittime tra i palestinesi, dovuto all’uso letale della forza da parte di Israele. 
 

Ibis Frade Brito, corrispondente di Prensa Latina presso l’ONU

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