venerdì 26 Luglio 2024
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USA, Venezuela e la via di uno stato protettivo

Attivisti statunitensi che sono rimasti fino ad oggi, 16 maggio, nell'Ambasciata del Venezuela a Washington esigono raggiungere un accordo per includere un paese terzo nella protezione di questa sede diplomatica. 

 
Membri delle organizzazioni Code Pink, Popular Resistance ed Answer Coalition sono rimasti durante 37 giorni nell’edificio per evitare che fosse consegnato all’opposizione del paese sud-americano, in momenti in cui Washington ignora il Governo costituzionale di Nicolas Maduro. 
 
Il loro soggiorno nel luogo si è concluso oggi, quando la polizia della capitale statunitense è irrotta ed ha arrestato gli ultimi quattro membri del chiamato Collettivo di Protezione dell’Ambasciata che continuavano dentro la sede.  
 
Questo atto è stato qualificato illegale da parte delle organizzazioni coinvolte e dal governo di Maduro, che ha fatto un appello al mondo affinché prendesse nota dello sproposito di Washington contro la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. 
 
Medea Benjamin, cofondatrice di Code Pink, e Margaret Flowers, una delle attiviste arrestate questo giovedì, hanno detto a Prensa Latina che l’azione dell’Ambasciata era legale perché i partecipanti sono entrati con l’invito del legittimo Governo venezuelano. 
 
L’organizzazione di Benjamin ha ricordato in un comunicato che i membri del collettivo sono entrati all’ambasciata del Venezuela, nel vicinato di Georgetown, per essere una forza di protezione provvisoria dell’edificio. 
 
L’obiettivo di questa iniziativa era ostacolare che la sede fosse consegnata a Carlos Vecchio, nominato rappresentante negli Stati Uniti del deputato dell’Assemblea Nazionale, considerata in oltraggio, Juan Guaidò, che in gennaio si è auto-nominato presidente interino del Venezuela. 
 
Dal 10 al 30 aprile, i partecipanti nell’azione sono potuti entrare ed uscire liberamente dall’edificio, e fino a 50 attivisti sono rimasti a dormire nel luogo. 
 
A partire dal 30 aprile, quando Guaidò ha realizzato un fallito tentativo di golpe di Stato sponsorizzato dall’amministrazione di Donald Trump, un gruppo di simpatizzanti dell’oppositore ha assediato l’Ambasciata col fine di espellere gli attivisti ed impadronirsi dell’edificio. 
 
Hanno fatto suonare sirene, cornette e megafoni, ed hanno circondato il perimetro con tende, mentre hanno impedito l’entrata di alimenti, medicine, somministrazioni o persone. Vari attivisti per la pace sono stati aggrediti fisicamente ed arrestati in un tentativo di avvicinarsi con cibo, ha denunciato Code Pink. 
 
L’8 maggio, intanto, la Potomac Electric Power Company, assistita dal Servizio Segreto, ha tolto l’elettricità dell’Ambasciata malgrado tutte le fatture fossero state pagate. 
 
Inoltre, lunedì il Servizio Segreto, la polizia di Washington D.C. ed agenti del Dipartimento di Stato hanno tentato una retata coordinata nell’Ambasciata, e l’avvocato Mara Verheyden-Hilliard intervenne a nome degli attivisti quando gli agenti federali sono entrati nell’edificio, ha informato Popular Resistance. 
 
Secondo il gruppo, l’avvocato ha detto a quelle forze che non avevano autorità legale per entrare nel luogo perché non hanno presentato un documento firmato che permettesse loro di realizzare arresti, che invece si sono concretati oggi. 
 
In mezzo a tutte quelle azioni, il collettivo sostiene che le detenzioni sono illegali in virtù degli articoli 22 e 45 della Convenzione di Vienna, nei quali si stabilisce che i locali diplomatici non sono “violabili” e gli agenti dello Stato ricevente non possono entrare, eccetto col consenso del capo della missione. 
 
“L’amministrazione Trump non solo ha permesso il sequestro illegale dei locali diplomatici appartenenti al Venezuela, ma l’ha facilitata anche attivamente concedendo all’opposizione l’edificio dell’associato militare e del consolato della città di New York”, ha affermato Code Pink. 
 
Questa lotta non sta per finire, ha detto Benjamen, che ha assicurato a Prensa Latina che continueranno con le mobilitazioni davanti all’Ambasciata. 
 
Attraverso il comunicato del suo gruppo, l’attivista ha sostenuto che continueranno ad utilizzare tutti i metodi a loro disposizione per mantenere questo spazio vuoto fino a che si possa incontrare una soluzione diplomatica, un accordo con una potenza protettrice, tra gli Stati Uniti e Venezuela. 
 
Gli Stati Uniti hanno nominato Svizzera come terza nazione per proteggere la sua sede diplomatica a Caracas. 
 
Da parte sua, Venezuela ha proposto Turchia per incaricarsi dell’edificio a Washington, ma l’ambasciatore del paese sud-americano presso l’ONU, Samuel Moncada, ha criticati ieri che l’amministrazione Trump non accetta né riconosce la proposta di un potere protettivo presentato da Caracas. 
 
Tali azioni violente contro il luogo dove si trova l’Ambasciata venezuelana a Washington rappresentano una minaccia per tutte le sedi diplomatiche perché si crea un precedente molto pericoloso, ha concluso. 
 
 
Martha Andres Roman, corrispondente di Prensa Latina negli Stati Uniti

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