venerdì 26 Luglio 2024
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Bolivia ritornerà alla sua rivoluzione democratica con o senza Evo Morales

Bolivia ritornerà alla sua rivoluzione democratica e culturale con o senza Evo Morales, e questo è solo questione di tempo, ha assicurato in Messico l'ex presidente in un'intervista esclusiva con Prensa Latina. 

 
L’ex mandatario, rifugiato politico in Messico dal 12 novembre dopo aver rinunciato al suo incarico per evitare un bagno di sangue, considera che i fatti nel suo paese, vittima di un golpe di stato cruento, ma di nuovo tipo, devono essere motivo di riflessione per le forze progressiste del mondo. 
 
Prensa Latina ha intervistato il leader dello stato plurinazionale quando ha avuto la deferenza di accettare l’invito di visitare la sede degli uffici di Prensa Latina in Città del Messico.                       
                              
Alla domanda se il golpe di stato nel suo paese significa un ritorno all’epoca dei tradimenti pagati dagli Stati Uniti nel secolo scorso, Morales ha detto che il tema merita una riflessione di esperti, politologi ed accademici che prenda in considerazione il fallimento delle politiche imperialiste nel passato recente, come quella dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (Alca). 
 
Questa politica imperialista, ha ricordato, è fallita all’epoca di Nestor Kirchner, Hugo Chavez e Luiz Inacio Lula Da Silva, in una memorabile riunione a La Plata, in Argentina, nel 2005, ed ha aperto la strada verso la creazione di Unasur e della Celac. 
 
Ma gli Stati Uniti, ha affermato, ci hanno diviso con l’Alleanza del Pacifico ed una stimolazione della politica di privatizzazione in favore dei negozi di élite private. Però non è bastato loro, e quando non c’erano oramai più i golpe militari, hanno inventato i golpe giudiziali, quelli congressuali, ed ora applicano in Bolivia un’altra modalità. 
 
L’esperienza boliviana, ha spiegato, somiglia al Piano Condor. Hanno reclutato settori della gioventù ed hanno offerto loro denaro affinché esercitassero violenza contro le famiglie, contro la proprietà privata, e l’hanno fatto anche con poliziotti e militari che, purtroppo hanno accettato. 
 
È in realtà una lotta di idee, di programmi, di classe, e questa è un’esperienza che si deve prendere in considerazione per fare una profonda riflessione, organizzare un gran dibattito, profondo politicamente, perché non c’è un golpe di stato militare classico, ma sì di un altro tipo. 
 
Loro si oppongono alle nuove politiche economiche, non accettano i nostri programmi né la nostra politica economica sostentata nel recupero delle risorse naturali ed economiche del paese ed in opposizione agli Stati Uniti ed al sistema capitalista, con il movimento indigeno cercando nuove strade di benessere. 
 
Il golpe della destra si è prodotto, inoltre, quando andavamo molto bene economicamente, nella sicurezza alimentare e nell’eliminazione della povertà, e questo è un altro motivo in più per incentivare il dibattito di analisti, ricercatori, politologi, per mettere in allerta le nuove generazioni. 
 
Alla domanda che se la Bolivia dimostra l’usura irreversibile della democrazia rappresentativa ed un ritorno forzato agli anni delle dittature, Morales ha ricordato che gli imperi cadono sempre, presto o tardi, ma cadono come sono cadute le monarchie. 
 
Ora è come una sorte di ritorno a quell’epoca della colonia quando si nominavano i viceré nelle terre pretese. Questi viceré moderni sono le Añez ed i Guaidó, senza beni immobili e sempre contro i più umili. 
 
Nei tempi dell’inquisizione, i colonialisti sono arrivati con la bibbia e con la spada. In Bolivia ci sono famiglie con persone con formazione accademica per governare gli indigeni. Un figlio era prete, un altro militare ed un altro avvocato. Se non potevano dominare con la bibbia, tentavano di farlo con la legge, e se anche questo falliva, allora con le armi. 
 
I razzisti e fascisti in Bolivia usano anche la bibbia con gli stessi fini, pregano per danneggiare la famiglia e portare le persone all’odio, e nel discorso dicevano “Evo cabron”, pregare per ammazzare, per creare gruppi violenti, per discriminare, ed il risultato è il ritorno di nuovo della violenza in Bolivia. 
 
Morales ha considerato che i gruppi violenti nel suo paese affrontano così la politica economica nazionalista, l’indipendenza di stato e la dignità di un popolo e la lotta contro i modelli economici di privatizzazioni del Fondo Monetario Internazionale. 
 
Ha reiterato che questo che sta succedendo in Bolivia deve servire per fare una profonda riflessione che prenda in considerazione il sollevamento popolare, le ribellioni contro un modello economico consumato come in Colombia, Brasile ed altri che dimostrano che il popolo latinoamericano sta lottando. 
 
In quanto a temi specifici della situazione attuale nel suo paese, Morales ha spiegato che personalmente ha avuto molta fiducia nella vittoria nelle ultime elezioni che sono trascorse in una maniera naturale, ma la destra ha reagito rapidamente, hanno istigato le proteste che sono cresciute rapidamente e sono passati dal razzismo al fascismo e da lì al golpismo. 
 
Si sono uniti gruppi di poteri economici e falangisti e sono arrivati a questa situazione facendo scoppiare la violenza più sfrenata. 
 
Ha detto che l’avevano già informato di questa situazione e quando l’ha commentata in una riunione del gabinetto nessuno ci ha creduto, ed alla fine nemmeno lui, ha ammesso, anche perché queste informazioni non erano arrivate dalla polizia né dalle forze armate, ma da dei nostri fratelli. 
 
Nella città de El Alto od a Cochabamba, in 10 giorni ci sono stati 32 morti nonostante si sia cercando di proteggere il popolo. Non si può capire perché i comandanti delle forze armate e la polizia ritornassero al golpismo, qualcosa che credevamo già superato nella storia, ha detto. 
 
Questa mentalità in Bolivia è quella che riporta il paese ad un’epoca di inquisizione, come nel tempo della colonia e della monarchia, ha aggiunto.  Ha reiterato che lui ha vinto onestamente le elezioni della presidenza della Bolivia verso il bicentenario, ed ha ricordato che gli indigeni sono onesti e crescono dentro la cultura del non rubare, non mentire, ed ha citato nuovamente che alcuni giorni prima del 10 novembre ha detto al golpista dell’OSA, Luis Almagro, che non pubblicasse la relazione dove parlavano di frode perché avrebbe provocato un incendio e sarebbero morte molte persone, ed alla fine è accaduto, e si sono contati immediatamente 11 morti. 
 
Non ci perdonano il nostro lavoro, l’impero statunitense ed i paesi occidentali non ci perdonano, i governi antimperialisti non vogliono che apriamo il futuro ai poveri con programmi sociali per i più umili senza concentrare il capitale in poche mani, ha affermato. 
 
Prima del golpe di Stato a Santa Cruz si viveva un razzismo puro con Luis Fernando Camacho alla direzione, che sollecitava che si lavorasse allo stile del narcotrafficante colombiano Pablo Escobar e chiedeva che si scrivesse una lista di quelli che chiamava traditori per punirli. Immagini Lei che per loro, per i golpisti, il loro idolo è Pablo Escobar. 
 
In Bolivia, ha detto, la lotta continua e c’è una mobilitazione costante della gente contro i golpisti. 
 
Luis Manuel Arce Isaac, corrispondente di Prensa Latina in Messico

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