giovedì 26 Dicembre 2024
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La persistenza di una Cuba proibita per gli statunitensi

L'Avana, 17 gen (Prensa Latina) Una legge statunitense, che oggi ha compiuto 59 anni, persiste nel proibire ai cittadini USA la possibilità di visitare liberamente Cuba, che in altri tempi è stata uno dei destini turistici preferiti del vicino del nord. 

 
Vigente dal 1961, la misura è contenuta nella Legge di Commercio col Nemico (Trading with the Enemy Act), del 1914, e fa parte di uno dei nuclei fondamentali dell’ostilità di Washington contro L’Avana. 
 
Tuttavia, oltre alle difficoltà economiche che causa ai cubani, l’impalcatura mira direttamente contro i diritti costituzionali degli statunitensi, ostacolando i viaggi all’isola. 
 
Prima del trionfo della Rivoluzione (1959), la nazione caraibica era una dei punti favoriti per villeggiare dei residenti statunitensi. La proibizione espressa ha provocato la modificazione dei gusti, ma non ha potuto cancellare il desiderio di visitare Cuba. 
 
Durante tutti questi anni, i residenti negli Stati Uniti (perché la legge si applica a tutti) hanno dovuto ricorrere a licenze specificate in 12 categorie concesse dall’Ufficio di Controllo degli Attivi Stranieri (OFAC). 
 
In questo modo giornalisti, artisti, sportivi, religiosi ed altri settori potevano realizzare visite individuali o di gruppo mediante permessi emessi e controllati dall’OFAC, che ostacolava pagamenti superiori a 187 mila dollari per persona, tra gli altri elementi. 
 
Inoltre, i programmi dovevano avere pochi spazi per la ricreazione, e la violazione di quanto stabilito poteva significare multe fino a 65 mila dollari per persona e pene di carcere fino a 10 anni. 
 
A tutto ciò si è incorporata nel 1992 -mediante la legge Torricelli – la sotto-categoria “people to people” che supporrebbe un indottrinamento sulle meraviglie degli Stati Uniti, affinché i cubani abbandonino il socialismo. 
 
Controlli più controlli meno, nel 2014 il ristabilimento delle relazioni diplomatiche, deciso dai presidenti di allora, Barack Obama e Raul Castro,  sembrava portare verso il sollevamento di questa proibizione, una delle reliquie della guerra fredda. 
 
Obama ha ampliato da specifiche a generali le licenze nelle 12 categorie, fatto che ha portato in pratica che l’OFAC non emettesse le licenze (si viaggiava senza permesso, era necessario solo segnare una delle possibilità permesse), ma il funerale di questa legge non è mai accaduto. 
 
L’arrivo del repubblicano Donald Trump alla Casa Bianca, in gennaio del 2017, ha portato un inasprimento dell’ostilità con il pretesto dell’aiuto cubano al governo legittimo di Nicolas Maduro in Venezuela. Quasi nessun settore è riuscito a scappare da questa intensificazione delle ostilità. 
 
Le visite “people a people” (eliminate nel 2017) non hanno potuto distruggere il socialismo in Cuba ed apparentemente hanno permesso che qualche statunitense si sia reso conto che questo piccolo paese non era la minaccia che si menziona nei corridoi della politica a Washington e soprattutto nella Florida. 
 
Il 2020 è arrivato con l’annuncio del sottosegretario Mike Pompeo di nuove restrizioni ai voli charter verso Cuba (prima hanno proibito quelli regolari all’interno dell’isola), e severe limitazioni per quelli autorizzati verso l’aeroporto internazionale Josè Martì, de L’Avana. 
 
Come antecedenti immediati, nel 2019 le autorità statunitensi hanno cancellato, hanno ristretto od hanno proibito, crociere, voli, invii, servizi medici, finanziamenti, tra le altre punizioni. 
 
Già in una sfrenata corsa per la rielezione ed attaccato dalla possibilità di un giudizio politico, Trump insiste nella fallita politica anticubana dei suoi 11 predecessori, da Dwight D. Eisenhower fino ad Obama. 
 
Ig/ro

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