In un video di poco più di 21 minuti di durata, Morales ha dettagliato con cifre ed altri dati i risultati di 14 anni della sua dirigenza del governo boliviano, tappa nella quale ha assicurato ci siano stati “più successi che errori”.
Il primo presidente indigeno nella storia di Bolivia che assunse per la prima volta l’incarico il 22 gennaio 2006, ha paragonato indicatori di sviluppo del 2005 con quelli del 2018, mentre rinuncia a causa di una relazione di parte dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) che ha discusso i risultati delle elezioni dove è stato eletto per un nuovo mandato.
Ha ricordato che durante i governi neoliberali la nazione andina era la più povera e disuguale dell’America del Sud, coi servizi basilari e risorse naturali privatizzate.
Il suo governo ha ricevuto un paese con una profonda crisi economica, che si è convertito in quello di maggiore crescita del continente.
Ha sottolineato che il Prodotto Interno Lordo del paese alla chiusura del 2005 era di 9.581 milioni di dollari, cifra che è cresciuta fino a 40.581 milioni al termine del 2018, inoltre il reddito annuale per persona si è triplicato.
Ha ricordato le sfide che ha dovuto assumere nel suo governo come la nazionalizzazione delle risorse, la restituzione dei diritti, ottenere l’indipendenza finanziaria ed economica del paese.
“Prima della 2006 Bolivia era una repubblica dove poca gente aveva di tutto e la maggioranza viveva nella miseria. Con la nuova Costituzione abbiamo ottenuto la dignità di uno Stato Plurinazionale. Abbiamo ottenuto la stabilità politica, la crescita economica, e la giustizia sociale”, ha sottolineato l’ex mandatario.
Morales ha assicurato che questi risultati non sono il prodotto di un miracolo economico, bensì di “molto lavoro, molta unione e lotta”.
Sulla sua rinuncia ha ricordato che l’ha fatto per garantire la pace ed evitare spargimento di sangue, ma non è stato sufficiente ed ha ricordato i 36 morti e più di mille feriti, prodotto della repressione di poliziotti e militari.
Bolivia, ha aggiunto, è passata da “essere un paese prospero ad un luogo di assassinato, persecuzione e censura”, dove “ammazzano, arrestano e mandano a tacere qualsiasi persona che non sia d’accordo col progetto per ritornare ai vecchi anni del neoliberalismo”.
Sulla supposta frode elettorale denunciata dall’OSA, ha enfatizzato che è stata, invece, una vittoria pulita, “nessuna relazione seria sui voti ha stabilito che sono stati tolti voti a qualcuno o che sono stati aumentati al MAS”.
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