Lunedì 9 marzo si è realizzato non solo il giorno senza donne in protesta per i femminicidi, di cui sono vittime le messicane, ma anche per denunciare tutte le forme della violenza di genere; esiste la documentazione che 3200 donne sono state assassinate in tre anni, e di questi omicidi appena l’1%, od anche meno, è stato processato dalla giustizia come doloso o femminicidio.
L’orribile cifra include varie bambine delle scuole elementari, violentate e torturate dai rapitori prima di assassinarle.
Benché ci siano discrepanze e molte donne non hanno partecipato allo sciopero, diverse fonti -dal momento che non esiste un centro organizzatore dello sciopero – si stima che hanno partecipato circa 40 milioni di donne.
La protesta si è svolta dopo una giornata molto complicata per il Giorno Internazionale della Donna, quando sono uscite in massa per esigere i loro diritti, ma come in altre occasioni, le esigenze e le manifestazioni sono state disturbate da atti di violenza e vandalismi che distorcono gli obiettivi delle proteste.
La convocazione per “Un giorno senza donne” è stata fatta dal collettivo “Brujas del mar”, con lo scopo di creare coscienza sul ruolo della donna nella società, e si sono aggiunti gruppi di ogni natura e partiti politici in forma spontanea o diretta in un ambiente apparentemente caotico.
Oltre ad essere una protesta contro la violenza di genere che si vive in Messico, dove in gennaio sono state assassinate 10 donne quotidianamente, secondo il Segretariato Esecutivo del Sistema Nazionale di Sicurezza Pubblica, si estende ad ogni tipo di discriminazione che semina un’insopportabile disuguaglianza contro di loro.
L’iniziativa è inedita per Messico, ma non per il mondo, perché si è già svolta in altri paesi, dove le donne si sono organizzate per esigere i loro diritti.
L’esperienza che più risalta è quella dell’Islanda, che ha dichiarato il “Giorno libero dalle donne” nel 1975, quando circa 90% delle donne si è assentato dal lavoro e dalle scuole, esigendo il rispetto dei loro diritti e delle loro libertà.
Si fa anche riferimento agli Stati Uniti, dove si è svolta un’attività conosciuta come Day Without A Woman nel 2018, dopo una serie di commenti misogini fatti dal presidente Donald Trump, ed un altro movimento simile in Polonia per protestare contro la penalità dell’aborto in ottobre del 2016, conosciuto come “Lunedì Nero”.
Lo sciopero non è un giorno di vacanza bensì di lotta, dicono le partecipanti, che hanno inondato con messaggi le reti sociali fino a saturarle, ed anche uno spazio per riflettere sulla violenza che si vive giornalmente in Messico.
Nei messaggi nelle reti si è raccomandato alle partecipanti delle manifestazioni che indossassero un capo d’abbigliamento violetto o un fazzoletto di questo colore, per dimostrare che appoggiano il movimento.
Le donne hanno denunciato che la Procura Generale di Giustizia della capitale, per esempio, ha aperto solo 170 investigazioni in nove mesi, e di queste meno dell’1% sono state portate in tribunale ed i crimini sono rimasti impuni.
Davanti all’inefficienza per combattere il femminicidio, organizzazioni della società civile, tra queste l’Osservatorio Nazionale Cittadino di Sicurezza, Giustizia e Legalità (ONC), esigono misure concrete che prevengano e sradichino la violenza e la disuguaglianza.
Il problema è che i femminicidi sono solamente la punta dell’iceberg di un problema di discriminazione più grave e dell’inadempimento del dovere dello Stato, perché l’amministrazione ha dimostrato che per lei i femminicidi, la discriminazione di genere, la disuguaglianza ed altre violenze contro le donne non sono un tema prioritario.
In una valutazione della situazione attuale della donna, il presidente Andres Manuel Lopez Obrador ha reiterato che il suo governo è rispettoso della libera manifestazione delle idee della cittadinanza, ma le donne stanno esigendo meno retoriche e più azioni, affinché i problemi denunciati, siano eliminati. È il senso delle esigenze del “Non una di meno”.
Luis Manuel Arce Isaac, corrispondente di Prensa Latina in Messico