Tuttavia, mentre la campagna #QuedateEnLaCasa invita dalle reti sociali alle persone in tutto il mondo a restare in casa, la vita continua il suo ritmo a L’Avana ed in tutta Cuba, dove la gente, benché sia preoccupata per la malattia, confida nel suo sistema di salute pubblica e nel piano di attacco alla pandemia progettato dal governo.
Il tema del nuovo coronavirus ed anche della sua rapida espansione globale è ormai pane quotidiano tra i cubani e nei differenti mezzi di comunicazione, piagati di notizie sulla malattia, i consigli per proteggere la popolazione ed informazioni sulle precauzioni che si devono prendere per evitarla.
E benché si conosca che tutte le misure servono, i cubani, alcuni con mascherine, altri no, continuano ad andare verso i loro centri di lavoro, le istituzioni continuano aperte ed offrono servizi ai clienti, ed i bambini vanno a scuola, sempre attenti alle orientazioni del Ministero della Salute Pubblica (Minsap).
Intanto, Evangelina Nabalon -un’abitante de L’Avana di 66 anni -, in gesto solidale, cuce mascherine per regalarle ai suoi vicini nel quartiere di Buenavista, in questa capitale, nonostante i suoi forti dolori alla schiena.
In mezzo all’emergenza, il governo cubano ha accettato l’entrata al porto del Mariel, nella provincia occidentale di Artemisa, della nave da crociera britannica MS Braemar, con cinque malati a bordo, d’accordo con le misure sanitarie stabilite dall’Organizzazione Mondiale della Salute e dal Minsap.
Il paese conta con le risorse, mezzi e conoscenze necessarie per la realizzazione dell’attracco della nave ed il trasferimento dei passeggeri della nave da crociera, ha detto il 17 marzo il capo del dipartimento di Malattie Trasmissibili del Minsap, Josè Raul de Armas.
Insieme con le autorità del Regno Unito, si è organizzato il ritorno sicuro ed immediato dei passeggeri via aerea.
Patria è umanità, ha scritto per la posterità l’apostolo Josè Martì, una frase che accompagna i principi etici della Rivoluzione cubana a partire dal 1º gennaio 1959.
Da molto tempo questa non è la Cuba il cui governo ha proibito lo sbarco nel porto de L’Avana, il 27 maggio 1939, ai passeggeri della nave St. Louis, carica di ebrei che fuggivano dal pericolo nazista che distruggeva Europa.
Questa è la Cuba che dal 29 marzo 1990 ha curato per più di 20 anni, in maniera gratuita, ad oltre 10.000 bambini colpiti dall’incidente nucleare di Chernobyl, nell’allora Unione Sovietica.
Come ha segnalato una dichiarazione del Ministero di Relazioni Estere, davanti all’urgenza della situazione ed il rischio per la vita delle persone malate, il Governo di Cuba ha deciso di permettere l’attracco dell’imbarcazione britannica MS Braemar.
Il testo ricorda: “sono tempi di solidarietà, di assimilare la salute come un diritto umano, di rinforzare la cooperazione internazionale per fare fronte alle nostre sfide comuni, valori che sono inerenti alla pratica umanista della Rivoluzione e del nostro popolo”.
Oltre al gene della solidarietà che accompagna questo popolo, esistono ragioni naturali di umanesimo dietro alle azioni di questo tipo, magari incomprensibili per persone di altre latitudini, abituate a proteggere solo il loro benessere e quello della loro famiglia.
Cuba ha appena agito secondo i suoi principi umanisti, gli stessi che hanno portato le sue migliaia di medici e professionisti della salute ad aiutare gli altri popoli del mondo.
Bisogna ricordare l’invio della prima brigata medica in Cile, colpita da un forte terremoto, in maggio del 1960, dove è ritornata la cooperazione 50 anni dopo, per aiutare questo paese dopo un altro sisma devastante in marzo del 2010.
Così, la solidarietà cubana è arrivata anche in Pakistan, colpita nel 2005 da un forte sisma; e nel 1998 ha aiutato Haiti, dove inoltre è stata fondamentale durante il terremoto che ha devastato questa nazione nel 2010.
Ricordiamo che in Africa è arrivata la collaborazione cubana che è stata indispensabile nella lotta contro l’epidemia di Ebola in Sierra Leone e Guinea nel 2014.
Cuba ha perfino offerto una brigata integrata da professionisti della salute al governo degli Stati Uniti per assistere il loro popolo dopo i danni causati dall’uragano Katrina nella città di New Orleans, alla fine di agosto del 2005.
Nonostante il rifiuto a riceverla da parte di Washington, l’iniziativa ha propiziato la creazione del Contingente Internazionale di Medici Specializzati nella Lotta contro Disastri e Gravi Epidemie “Henry Reeve”, presente in situazioni di emergenza in più di 23 paesi.
“Impara a trattare gli altri come vorresti che ti trattassero”, afferma un vecchio principio morale molto conosciuto tra diverse culture e popoli, che Cuba ha assunto come parte della sua etica nonostante quelli che considerano che la solidarietà non è di moda e l’isola sta navigando contro la corrente.
Mario Muñoz Lozano, giornalista della Redazione Nazionale di Prensa Latina