Giovedì scorso i cubani hanno saputo sulla prossima implementazione di un piano di recupero, graduale, per fasi ed asimmetrico, e per questo hanno cominciato a fare piani, benché responsabili, per la diminuzione della quarantena compiuta da quasi tre mesi.
Sono stati il presidente Miguel Diaz-Canel, il primo ministro Manuel Marrero ed il vice primo ministro e titolare di Economia e Pianificazione, Alejandro Gil, che hanno informato la popolazione, nel programma televisivo “ Mesa Redonda”, su come inizierà il recupero cubano.
Ci saranno azioni concepite in un piano con tre fasi, in una prima tappa, che abbraccia gli ambiti di salute, turismo, questioni lavorative e tributarie, commercio estero ed interno, trasporti, educazione, sport e cultura, oltre a questioni relative alle attività durante l’estate nel paese. Cuba può darsi questo lusso, perché ha avuto un basso numero di casi gravi e critici e pertanto le sue capacità delle sale di terapia intensiva e degli altri tipi negli ospedali non hanno messo in pericolo la stabilità del sistema di salute.
Ha anche influito la creazione di centri di internamento per persone sospettose o contatti di positivi, un’esperienza distinta dalle altre nazioni, dove erano relegate in casa e con carenze per sottomettersi ai test stabiliti per confermare la malattia.
Si somma qui, inoltre, l’indagine attiva realizzata da migliaia di studenti di medicina che vanno per le case per identificare quelli che presentano sintomi respiratori.
Poi, i risultati si devono anche al proposito di togliere il virus dalla strada, con misure di distanziamento come sospensione delle classi scolastiche, dei concerti, degli atti pubblici, dei trasporti pubblici e di altre attività che rappresentano un’agglomerazione di persone.
E si sottolinea che tutto ciò si è realizzato, in maniera generale, senza un confino totale e molto meno con un coprifuoco.
A ciò bisognerebbe aggregare la rapida ed opportuna integrazione di centri scientifici nazionali ed i loro esperti, per l’introduzione di farmaci che, come il CIGB 258, sono risultati decisivi per il recupero dei malati critici, dato che ha inciso molto sulla diminuzione della letalità.
In tali condizioni Cuba si appresta ad iniziare una nuova normalità, perché non sarà mai come prima, almeno fino a che appaia e si applichi il vaccino che non pochi paesi cercano di ottenere.
Diaz-Canel ha spiegato che la strategia si concepisce in due tappe. La prima è il recupero post COVID-19 che ha definito come la maniera in cui il paese ritornerà in maniera asimmetrica alla normalità in tutte le attività produttive, economiche e sociali.
Asimmetrica perché non in tutti i territori l’apertura graduale sarà uguale. L’Avana, quella di maggiore incidenza, ha appena registrato un nuovo focolaio, limitato, della malattia, in un’impresa costruttrice nel municipio di La Lisa.
La seconda tappa corrisponde al rinvigorimento economico per affrontare una crisi prolungata a livello globale che organismi finanziari ed economici qualificano come la più grave dalla Seconda Guerra Mondiale.
Basti dire che Cuba è da due mesi senza turisti, una delle fonti più importanti, e di conseguenza, di valute forti per affrontare diverse necessità.
Anche le sue esportazioni soffrono per la contrazione economica e per le restrizioni nel mercato e nei trasporti a livello mondiale, per questo vive in situazione di emergenza e resistenza, aggravata dagli effetti del bloqueo imposto dagli Stati Uniti, che cerca tutti i giorni di dare la stoccata finale alla Rivoluzione Cubana.
Ma anche così Cuba inizia il cammino verso la tappa post COVID-19. Il paradosso è che il vicino del nord che pretende asfissiarla, come ha detto il presidente Diaz-Canel, vive in questi giorni un focolaio della malattia con un numero crescente di malati e vittime fatali.
Nella nazione caraibica è la vita umana il fattore più importante, e ciò condizionerà la nuova normalità. Tutto ciò potrebbe essere una ragione per affermare che il modello cubano contro la pandemia serve almeno per consultare, in questa congiuntura di pericolo per l’umanità.
Orlando Oramas Leon, giornalista di Prensa Latina