venerdì 26 Luglio 2024
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Moncada, vittoria strategica

La vittoria strategica dell'assalto alla caserma Moncada a Santiago di Cuba ha compiuto 67 anni, dopo la sconfitta tattica accaduta il 26 luglio 1953. 

 
Tale vittoria è stata ottenuta da Fidel Castro, allora giovane avvocato che ha saputo riunire un gruppo di patrioti deciso a rivendicare l’ignominia di un golpe di stato militare che aveva trionfato il 10 marzo 1952. 
 
Lo stesso Fidel Castro ha denunciato il golpe quello stesso anno presso i tribunali, nei quali ha denunciato il generale Fulgencio Batista. La sua denuncia era stata disistimata, o peggio, non è stata ascoltata. 
 
L’assalto alle caserme Moncada di Santiago di Cuba -seconda forza militare del paese -e Carlos Manuel de Cespedes di Bayamo, che doveva servire da retroguardia all’azione organizzata, si è trasformata nella bandiera di lotta vendicativa delle decine dei giovani assassinati. 
 
Erano i membri della denominata Generazione del Centenario di Josè Martì, che hanno riscattato il lascito dell’eroe cubano con questo atto eroico. 
 
La vittoria non si è ottenuta con le armi, bensì con le parole del leader sopravvissuto alla contesa. 
 
Quelle gesta delle parole hanno avuto due scenari: il Palazzo di Giustizia, ed un piccolo spazio di studi delle infermiere dell’Ospedale Saturnino Lora, a Santiago di Cuba, tra il 21 settembre ed il 16 ottobre dello stesso anno. 
 
Sono stati gli scenari del giudizio della Causa 37 del Tribunale di Urgenza di Santiago, contro Fidel Castro e contro i suoi compagni sopravvissuti al massacro del 26 luglio. 
 
I crimini sono continuati fino al primo di agosto, data in cui il capo della Rivoluzione che nasceva, è stato fatto prigioniero da un militare con onore, l’allora tenente della Guardia Rurale, Pedro Sarria Tartabull. 
 
La Causa 37, così è stato chiamato il Giudizio del Moncada, è stata la tribuna dove si è svolto il combattimento verbale, vinto e consacrato dalla storia nel processo che è terminato con l’autodifesa: “La Storia mi Assolverà”. 
 
Per l’avvocato Fidel Castro, l’autore di quell’epopea è stato l’eminente cubano Josè Martì. 
 
In una delle sessioni del giudizio nell’Udienza, un avvocato coinvolto nella Causa -senza in realtà avere fatto nulla – era stato accusato ingiustamente di essere l’autore intellettuale dell’assalto al Moncada, come portatore di un milione di pesos per la causa. Il suo nome: Ramiro Arango Alsina. 
 
Lui ha chiesto al giovane ribelle, che in quel momento si auto-difendeva, in condizione di avvocato, se lui stesso Arango Alsina gli aveva dato un milione di pesos come autore intellettuale. 
 
Fidel Castro -vestendo in quell’istanza del giudizio la toga di avvocato – ha risposto: “Nessuno deve preoccuparsi di essere accusato di essere l’autore intellettuale della Rivoluzione, perché l’unico autore intellettuale dell’assalto al Moncada, è Josè Martì, l’Apostolo della nostra indipendenza”. 
 
Le sue parole hanno sorpreso tutti in quell’enorme sala colma di pubblico e militari armati con baionette, specialmente i suoi compagni di lotta, molti dei quali hanno dimostrato la loro emozione felice che il Tribunale ha poi criticato. 
 
Non pochi dei presenti avevano partecipato alla Sfilata delle Fiaccole, inaugurando l’anno del Centenario dell’Apostolo, e che saranno chiamati in seguito, la Generazione del Centenario. 
 
Dopo l’interrogatorio di Fidel Castro, su un suo sollecito, gli è stato concesso il diritto di esercitare la sua autodifesa, dal palco destinato agli altri avvocati. 
 
Tutti l’hanno ascoltato denunciare i crimini orrendi che l’Esercito aveva commesso, difendere i principi etici della Rivoluzione e fare conoscere minuziosamente i suoi progetti. 
 
Tutto ciò era insopportabile per il regime perché lui, avvocato brillante, oltretutto, esigeva che fossero messe agli atti le sue denunce di assassinato ed altri eccessi commessi, in modo che i suoi autori fossero giudicati in seguito. 
 
A questo punto, il Pubblico Ministero gli ha chiesto: “Mi dica giovane, con che prestigio politico contava lei per credere che un popolo intero l’avrebbe seguito, un popolo tante volte ingannato come quello di Cuba?”. 
 
La sua risposta è stata adirata: Con lo stesso prestigio su cui contavano l’avvocato Carlos Manuel de Cespedes quando ha dato il Grido di Yara, con lo stesso prestigio su cui contava il mulatto Antonio Maceo quando si è sollevato nella selva redentrice, allora non era il Maceo della Protesta di Baraguà, né il Maceo dell’Invasione, né il Maceo che ha saputo predicare che era pericoloso contrarre debiti di gratitudine con un vicino tanto poderoso, riferendosi agli Stati Uniti dell’America del Nord. 
 
Questa era l’eloquenza di Fidel Castro, leader conquistatore. Era così convincente, che il Governo ha ordinato al Tribunale che lo separassero da questo processo, celebrato in una sala sovraffollata di pubblico. 
 
Per questo, doveva essere tolto con un certificato medico. I medici della prigione dovevano compiere questo dovere. Ritornato in cella, lui l’ha saputo. Un medico che non voleva violare l’etica e considerava il fatto disonesto gli ha chiesto che cosa doveva fare. 
 
La sua risposta: “Agisca secondo la sua coscienza”. Il medico sapeva che, se non lo faceva, avrebbero applicato all’accusato la Legge di Fuga; la sua vita era in pericolo: il medico ha firmato il certificato. 
 
Ma la vittoria sarebbe stata sua, ha coordinato con la giovane rivoluzionaria Haydée Santamaria ed un detenuto comune quello stesso giorno affinché l’avvocata Melba Hernandez consegnasse una sua lettera al Tribunale. 
 
La missiva è stata consegnata dopo l’appello, e dopo che il presidente del Tribunale avesse detto che Fidel Castro non era presente perché si sentiva male. La partita è stata vinta da Fidel, benché non abbia più potuto essere presente all’Udienza. 
 
Il giudizio per lui sarebbe finito più tardi, il 16 ottobre, nel piccolo salone degli studi delle infermiere. Come pubblico, sei giornalisti -di ciò do fede – che non potevamo pubblicare niente perché la Censura di Stampa era vigente. 
 
Ma comunque noi ci siamo stati, perché bisognava compiere la Legge dei Tribunali di Urgenza, che diceva che i giudizi dovevano essere Orali e Pubblici, ed in quel caso noi sei giornalisti eravamo il pubblico. 
 
Il 16 ottobre si è celebrato il giudizio, ma il Pubblico Ministero, a proposito, è stato molto schivo. Né lui né nessun altro membro del Tribunale ha fatto domande all’accusato ed avvocato Fidel Castro, e lui ha potuto usare tutto il tempo nella sua autodifesa, allegato conosciuto dalla posterità come “La Storia mi Assolverà”. 
 
È stato il finale di una vittoria senza precedenti, discorso estemporaneo che è durato quasi due ore e dove ha praticamente presentato tutto il programma della Rivoluzione, cominciando dalla Riforma Agraria, dall’Educazione, dalla Salute Pubblica, dalla protezione al lavoratore, dalle case, dal turismo, come fonte importante di entrate per Cuba, e tutto quanto la Rivoluzione trionfante nella Sierra Maestra, il 1º gennaio 1959, ha poi cominciato a portare a termine e su cui continua a lavorare. 
 
Allora, è stata o no una vittoria senza precedenti quella del 26 luglio 1953?
 
Marta Rojas, giornalista, testimone eccezionale dei fatti storici che racconta   

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