venerdì 26 Luglio 2024
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Trump: né sigari né mojitos per i suoi compatrioti

Il presidente Donald Trump non vuole che nessuno dei suoi compatrioti possa godere oggi il piacere di fumarsi un buon sigaro cubano, degustare un cocktail “Cuba libre” ed alloggiarsi in un hotel di suo piacimento a Cuba. 

 
Sono alcune delle disposizioni entrate in vigore negli Stati Uniti per aumentare il bloqueo contro la piccola e vicina isola, e che evidenziano che questa politica di assedio lede gli stessi compatrioti del presidente Donald Trump. 
 
Da questo 24 settembre entrano in vigore regolazioni che il governo, che si auto-considera il paese più libero del mondo, impone ai suoi cittadini. 
 
In questo modo rimangono proibite le importazioni personali di rum e tabacco dall’isola (cioè i souvenir), come l’alloggio in un elenco di hotel della nazione caraibica. 
 
A prima vista tutto indica un altro aggravamento della politica di bloqueo economico, finanziario, commerciale, che da quasi 60 anni esercita Washington contro l’isola. 
 
Indubbiamente sono tempi elettorali e Trump cerca la sua rielezione, compresi i voti dei cubani-americani della Florida, uno stato chiave per il numero di delegati elettorali che apporta e dove le sue possibilità di vincere non sono chiare. 
 
Lì le inchieste danno per vittorioso il candidato democratico, Joseph Biden, che risulta con vantaggio soprattutto tra la comunità portoricana, che non perdona a Trump gli affronti fatti dopo l’uragano Maria. 
 
Trump non dovrebbe farsi molte illusioni neanche col favore degli afroamericani della Florida. 
 
Non è casuale che il nuovo pacchetto di punizioni succeda pochi giorni dopo che il mandatario abbia ricevuto l’appoggio poco rispettabile dei dirigenti di quello che rimane della brigata mercenaria, conosciuta come 2506, che ha sofferto la schiacciante sconfitta a Playa Giron (Baia dei Porci) in aprile del 1961. 
 
Quell’esercito è stata la punta di lancia inviata da un altro presidente, John F. Kennedy, con giunta di governo e presidente de facto designati, per cercare di abbattere la giovane Rivoluzione Cubana. 
 
La 2506, che era formata da assassini, da proprietari terrieri e da sbirri della dittatura di Fulgencio Batista, è stata restituita a Washington mediante un baratto con medicine e conserve, e quelli che avevano commesso dei crimini, hanno affrontato la giustizia nei tribunali cubani. 
 
Ora i dirigenti di quella truppa vinta hanno consegnato un premio di consolazione a Donald Trump, che l’ha ricevuto grato, anche se magari con la brutta sensazione che portasse sfortuna. 
 
Inoltre, da pochi giorni, il governo statunitense, fedele alla sua pratica, ha imposto altre proibizioni contro Cuba, che includono l’eliminazione della pratica di autorizzazione generale alla partecipazione od organizzazione di conferenze, seminari, esibizioni ed eventi sportivi bilaterali. 
 
Da questa data i cittadini, residenti e compagnie soggette alle leggi statunitensi dovranno sollecitare un’autorizzazione o licenza specifica per tali attività. 
 
Nella pratica, le sanzioni  non sono molto innovative, e ora si sommano alle altre, nel un lungo elenco contro L’Avana. 
 
Si sa perfettamente che il mercato degli Stati Uniti è chiuso per tutti i prodotti cubani, perfino quelli di riconoscimento mondiale come rum, sigari, e perfino altri necessari per la vita umana, come medicine e prodotti biotecnologici innovativi nei quali Cuba occupa posti di avanguardia. 
 
Inoltre, prima Trump aveva proibito i viaggi turistici a Cuba, i voli charter, le crociere, viaggi di aeroplani ed imbarcazioni private, e perfino ha chiuso i chiamati contatti “popolo a popolo”, un affronto enorme al diritto del cittadino, riconosciuto nella Costituzione dell’Unione Americana. 
 
Col bloqueo contro Cuba, il presidente Donald Trump trasforma i suoi compatrioti in cittadini di seconda classe, con diritti ridotti. 
 
Tutto ciò sembra paradossale in questi giorni, quando centinaia dei vicini turisti canadesi cominciano a riempire gli hotel dei Giardini del Re, nel centro nord dell’isola, protetti inoltre dalle certificazioni e condotte sanitarie stabilite per far fronte alla COVID-19. 
 
Ma i canadesi, i cittadini ed i rappresentanti di altre nazioni sono vittime anche di questo triplo assedio che colpisce chiunque osi violare la vasta impalcatura di proibizioni che conformano la politica del bloqueo. 
 
Come la legge Helms-Burton, il cui Titolo III apre la strada per processi giudiziali nelle corti degli Stati Uniti contro aziende di paesi terzi con interessi nella maggiore delle Antille, sotto il pretesto di “trafficare” con proprietà statunitensi nazionalizzate secondo la legge cubana. 
 
Nel Titolo IV della stessa legislazione sono contemplate sanzioni contro dirigenti di ditte ed i loro parenti denunciati di rompere il bloqueo. 
 
Manca poco più di un mese affinché il 3 novembre si svolgano le elezioni presidenziali nel paese settentrionale. 
 
Non ci sorprenderebbe che l’attuale governo statunitense inventi nuove proibizioni e punizioni che colpiscano Cuba ed i suoi soci commerciali. 
 
E neanche che siano dirette a coartare le libertà dei suoi propri cittadini, che hanno appena a 90 miglia un’isola che, benché piccola, ha molto e molte cose buone da offrire. 
 
 
Orlando Oramas Leon, giornalista di Prensa Latina  

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