venerdì 26 Luglio 2024
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L’OSA di Almagro, senza Trump

La rivitalizzazione di legittime organizzazioni di integrazione regionale, promossa da diversi governi latinoamericani e caraibici, aggrava oggi la crisi di un'Organizzazione degli Stati Americani (OSA) nell'anno che inizia senza Donald Trump.

Gli esperti ritengono che la nuova amministrazione statunitense di Joe Biden continuerà ad utilizzare quel gruppo per tutelare i propri interessi, ma che si apre anche un periodo di incertezza, soprattutto per l’uruguaiano Luis Almagro, il criticato segretario generale dell’OSA.

L’anno 2020, disastroso in termini sanitari, sociali ed economici per il mondo intero, ha colpito l’America Latina ed i Caraibi con particolare durezza, sebbene le recenti elezioni e le mobilitazioni popolari segnalino possibili cambiamenti all’interno ed all’esterno di tale organizzazione.

I leader di diversi paesi hanno fatto un appello alla fine del 2020 per mobilitare altri meccanismi come la Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac), la più rappresentativa e che quest’anno presiederà Messico, come spazio di scambio e dialogo dei 33 paesi membri.

Celac, che non include gli Stati Uniti o Canada, vuole, tra gli altri obiettivi, trasformare la regione in una Zona di Pace per promuoverne lo sviluppo.

Allo stesso modo, ci sono state recenti dichiarazioni per riattivare l’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur) ed il Mercato Comune del Sud (Mercosur), tra gli altri, indipendentemente dalle decisioni dell’OSA.

Bolivia ospiterà a marzo un incontro dell’Unasur, dove sarà presentata anche Runasur, dedicata alla difesa dei diritti dei popoli originari della regione.

Il ruolo di Almagro a capo dell’OSA durante il golpe di stato contro il presidente Evo Morales alla fine del 2019 è stato criticato nonostante il sostegno dell’amministrazione Trump.

Il portavoce presidenziale boliviano Jorge Richter ha ribadito la falsità delle “conclusioni” dell’OSA su quelle elezioni: al di là di quanto indica il rapporto incoerente dell’OSA, ha detto, non si può dimostrare che ci sia stata una frode.

Il Parlamento Sudamericano (Parlasur) ha proposto di aprire a gennaio un’indagine sul ruolo di Almagro durante la crisi boliviana del 2019, chiedendogli di spiegare “il terribile errore che ha commesso per sottomettere l’America Latina ed il popolo boliviano”, come annunciato dal suo Presidente, l’uruguaiano Oscar Laborde.

Allo stesso modo, il boliviano Adolfo Mendoza, presidente del parlamento andino (AP), ha richiesto un audit formale del rapporto dell’OSA sulla Bolivia.

È necessario che questo tipo di eventi non rimanga mai nel limbo e che l’indagine possa contribuire al rafforzamento della democrazia in America Latina, ha sottolineato.

Da parte loro, diverse organizzazioni umanitarie argentine, dove Evo Morales ha avuto asilo politico, hanno denunciato Almagro presso la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite per il suo interventismo contro la sovranità della Bolivia.

Tra le altre critiche, hanno evidenziato quella del deputato statunitense Jan Schakowsky, presidente della Commissione per i Diritti Umani della Camera dei Rappresentanti, che ha invitato ad indagare sulla manipolazione dei dati dell’OSA in quelle elezioni.

A questo proposito, ha detto ai media statunitensi che Trump e l’OSA hanno un’alleanza che “sembra coincidere con qualcosa di oscuro”.

All’interno dell’organizzazione, con sede a Washington, è stato anche messo in discussione il suo ruolo contro il governo venezuelano.

Il primo ministro di Trinidad e Tobago, Keith Rowley, che quest’anno presiederà la Comunità Caraibica (Caricom), ha annunciato che il suo paese non prenderà parte alle nuove votazioni fino a quando il delegato venezuelano criticato non sarà rimosso dall’incarico ed il legittimo rappresentante del presidente Nicolás Maduro non sarà reintegrato.

“Inoltre, non emetteremo nessuna risoluzione fino a quando le persone sedute in rappresentanza dei paesi non saranno quelle giuste”, ha affermato.

Eventuali cambiamenti nell’OSA saranno inoltre apportati dalle elezioni generali e parlamentari previste per quest’anno in vari paesi, come Ecuador e Perù, e successivamente in Honduras, Cile e Colombia, tutte con previsioni imprevedibili, ad eccezione del Nicaragua, dove il Sandinismo ha un ampio sostegno popolare ed appoggio alle urne.

Jorge Luna, giornalista di Prensa Latina

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