L’accusa è stata presentata dalla Commissione Cilena per i Diritti Umani (CChDH) e dall’ex giudice spagnolo Baltazar Garzón, noto per la sua partecipazione a un’accusa contro il dittatore cileno Augusto Pinochet (1973-1990).
Una dichiarazione del presidente della CChDH, Carlos Margotta, indica che il ricorso a tale organo internazionale è un dovere e un diritto “quando gli organi e i poteri dello Stato cileno non hanno rispettato il loro obbligo di indagare, perseguire e punire i responsabili per tali fatti”.
Il comunicato denuncia gli omicidi, le torture – comprese quelle sessuali -, i traumi agli occhi, le mutilazioni e la perdita della vista, le lesioni gravi, le detenzioni arbitrarie, commessi da agenti statali contro migliaia di cileni nel quadro di una politica di violazioni di massa, gravi e sistematiche dei diritti umani.
Sottolinea inoltre il mancato rispetto da parte del governo delle raccomandazioni dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, che ha confermato che gli attacchi alla popolazione civile da parte di agenti statali, tra l’ottobre 2019 e l’aprile 2021, siano continuati.
I denuncianti sottolineano l’omissione dell’Ufficio del Procuratore nazionale nel “suo dovere costituzionale e legale di indagare”, ordinando la chiusura di oltre il 55% delle indagini per accuse di violazioni dei diritti umani commesse da agenti statali, impedendo così alle vittime” l’accesso al diritto alla giustizia.
Il documento è stato firmato anche dalla Fondazione Internazionale Baltasar Garzón (FIBGAR), Vanessa Ramos, dell’Associazione Americana dei Giuristi (AAJ), e dal Centro di Ricerca ed Elaborazione per la Democrazia (CRED), rappresentato da Fabio Marcelli.
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