martedì 3 Dicembre 2024
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Affrontare la disinformazione non è esclusivo di Cuba

Cuba ha aggiornato il proprio quadro normativo sulle telecomunicazioni, e tra gli aspetti essenziali rafforza il modello di azione di fronte agli incidenti di cybersecurity, tema non esclusivo dell'isola caraibica.

 

Il decreto-legge 35, che stabilisce nuove norme in questo settore, ha tra le sue risoluzioni la 105 proposta da detto modello, per la prima volta nella nazione, fornisce supporto legale per far fronte a tali incidenti e stabilisce e tipizzazioni che travalicano i limiti dell’esplicito tecnologico.

 

In questo modo, viene concepito un sistema di lavoro tra le entità specializzate nella sicurezza delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (ICT) per l’adempimento delle loro funzioni nello scambio di informazioni relative alle vulnerabilità e agli incidenti di sicurezza informatica.

 

Allo stesso modo, espone i doveri e i diritti di protezione senza differenze ai cittadini, alla società civile e alle istituzioni statali e private.

 

La norma caratterizza i diversi incidenti ed eventi nell’ambiente della rete di reti come cyberbullismo, notizie false, blocco massiccio di account nei social network, pornografia, terrorismo informatico, guerra informatica e sovversione sociale.

 

In merito alla portata di questa norma, i dirigenti del settore hanno chiarito che il paese caraibico non ha un contratto di servizio con le piattaforme di social media a causa del bloqueo imposto da quasi 60 anni dagli Stati Uniti, ma può registrare e notificare tali violazioni, molte delle quali che violano anche le regole di quegli spazi online.

Per quanto riguarda il decreto legge 35 di Cuba, il capo di comunicazione del Partito della Sinistra Unita dell’Asturia, Carlos González, ha evidenziato nel suo account Twitter che è etichettato come un “attacco ai diritti umani”, ma invece è un modello che opera praticamente in tutti i paesi: la lotta alla disinformazione e al cyberbullismo.

 

“Il suo equivalente, il piano d’azione contro la disinformazione esiste nell’Unione Europea dal 2018”, ha scritto.

 

Nel condividere questo messaggio, il primo segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba e Presidente della Repubblica, Miguel Díaz-Canel, ha scritto: La Sovrana Cuba lo dice e gli esperti onesti di ogni parte del mondo lo confermano: il nostro Decreto Legge 35 va contro la disinformazione e le fack news informatiche

 

Ed è che queste disposizioni non sono nuove nel mondo. Molti paesi, organizzazioni globali e regionali avevano già fatto riferimento alla lotta alla disinformazione e alla cyberwar come un aspetto fondamentale nell’operato di qualsiasi stato.

 

In una risoluzione approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU) il 31 dicembre 2020, sui progressi nel campo dell’informazione e delle telecomunicazioni nel contesto della sicurezza nazionale, detto ente afferma che “gli stati hanno il dovere e il diritto di combattere la diffusione di notizie false”.

 

Il n. 75/240 riafferma “il diritto e il dovere degli Stati di contrastare, nell’ambito delle loro prerogative costituzionali, la diffusione di notizie false o distorte che possano essere interpretate come ingerenza negli affari interni di altri stati o come dannosa per la promozione di pace, cooperazione e relazioni amichevoli tra stati e nazioni”.

 

La lotta dell’Unione Europea contro la disinformazione precede di cinque anni il suddetto approccio delle Nazioni Unite e nel dicembre 2018 ha approvato un piano d’azione contro la disinformazione, entrato in vigore nel 2019.

 

Nello stesso anno il budget per la lotta alla disinformazione è passato da meno di due a cinque milioni di euro.

 

I giganti del digitale sono quindi soggetti a un Codice di Buone Pratiche in quella regione che, tra l’altro, ha fatto agire Google contro più di 130.000 account; Facebook ha disattivato 2,2 miliardi di profili falsi e YouTube ha chiuso più di tre milioni di canali durante la campagna elettorale europea.

 

Nel contesto della pandemia della COVID-19, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) ha pubblicato un articolo in cui invitava i governi ad andare avanti e a sviluppare la lotta contro informazioni false e fuorvianti che minacciano di aggravare i gravi effetti della pandemia.

 

In Spagna esiste anche una Procedura di Azione contro la Disinformazione, pubblicata in ottobre del 2019 e che identifica gli organismi e le autorità che compongono il sistema e segnala la procedura delle loro azioni per la prevenzione, l’individuazione, l’allerta precoce, l’analisi, la risposta e la valutazione della disinformazione.

 

In America Latina ci sono anche diversi esempi come Nodio, un Osservatorio Argentino sulla disinformazione e la violenza simbolica sulla stampa e sulle piattaforme digitali.

 

Cuba promuove sempre più l’accesso a Internet in tutto il paese, ma rifiuta l’uso che oggi fanno alcune persone di questo spazio per disinformare, incitare all’odio e alla violenza.

 

In diverse occasioni le autorità del paese hanno denunciato che il governo degli Stati Uniti sta attualmente utilizzando le piattaforme digitali come strumento per una guerra non convenzionale contro la nazione cubana, e molteplici esempi lo confermano.

 

Hanno anche avvertito che i monopoli dell’informazione come Facebook, YouTube e Twitter hanno violato le proprie regole e consentito messaggi violenti e di odio contro Cuba sulle loro piattaforme.

 

In questo contesto, diverse istituzioni governative hanno recentemente ricevuto attacchi informatici come il sito presidenziale, a cui è stato negato lo spazio digitale, e lo stesso è accaduto con media come Granma e Cubadebate.

 

Claudia Dupeyron, giornalista di Prensa Latina

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