Nella sede che è oggi il Museo della Rivoluzione, si stava svolgendo la cerimonia di benvenuto dell’allora Primo Ministro, di ritorno dalla partecipazione al XV Periodo di Sessioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, negli Stati Uniti.
Circa un milione di persone hanno ascoltato le parole del leader; e all’improvviso, il suono assordante delle esplosioni cambiò il corso del discorso.
“Stiamo per instaurare un sistema rivoluzionario di sorveglianza collettiva!” fu la proposta di Fidel Castro a coloro che lo stavano ascoltando, e subito dopo si udirono le note dell’Inno Nazionale, in quello che costituiva l’effervescente preambolo alla creazione dei Comitati per la Difesa della Rivoluzione (CDR).
Il contesto non poteva essere più complesso: l’aggressività del governo degli Stati Uniti contro la Rivoluzione cubana era aumentata con continui attacchi alla nazione, che andavano da guerre batteriologiche e campagne di discredito, ad atti terroristici per giungere perfino nel 1961 all’aggressione armata a Playa Girón, solo per citare alcuni esempi.
Lo storico Ventura Carballido, dedicato allo studio della nascita e dello sviluppo dei CDR, afferma che la proposta è nata come un evento spontaneo, e solo due giorni dopo gli eventi nel Palazzo Presidenziale, il leader storico avrebbe ribadito la creazione dell’organizzazione dei CDR in intervento nella stazione radio CMQ.
Immediatamente, il movimento si diffuse in tutte le province del paese, e iniziò l’organizzazione delle sue diverse strutture.
La sorveglianza nei quartieri in quel momento assolveva il ruolo assegnato da Fidel Castro nella sua costituzione, di retroguardia nella lotta contro sabotatori e terroristi, ha detto a Prensa Latina il professore universitario Reimundo Quesada, pur riconoscendo “le molteplici attività sociali per lo sviluppo della comunità, come donazioni di sangue e attività produttive”.
L’anche dottore in Scienze ha ricordato che i CDR sono stati protagonisti di diverse marce di massa, tra cui quella svolta per il ritorno del bambino Elián González, detenuto negli Stati Uniti per sette mesi senza il consenso del padre, e che è ritornato a Cuba dopo manifestazioni di moltitudini che lo reclamavano nelle strade e nelle piazze della maggiore delle Antille.
Ha inoltre evidenziato l’accompagnamento del Ministero della Salute Pubblica nelle varie campagne sanitarie e di vaccinazione nel paese, compresa la più recente, che ha ottenuto che più di otto milioni di cubani avessero almeno la prima dose del vaccino creato qui contro la SARS virus CoV-2, la causa della COVID-19.
“Oggi più che mai assume vigore il lavoro dei CDR, con modalità rinnovate in corrispondenza delle nuove forme di aggressione che gli Stati Uniti usano contro l’isola, come la guerra non convenzionale”, ha detto Quesada, e le sue parole sono l’ovvia allusione alle sfide attuali di un’organizzazione decisiva, sei decenni dopo, per il momento che vive oggi Cuba.
Lissy Rodriguez Guerrero, giornalista di Prensa Latina