venerdì 26 Luglio 2024
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Riforma sull’immigrazione negli Stati Uniti resta ancora in attesa

La riforma dell'immigrazione negli Stati Uniti è un conflitto politico tra ciò che è stato promesso, ciò che è possibile, ciò che è desiderabile e quello che conviene, una sfida che i Democratici devono affrontare adesso mentre controllano ancora il Congresso negli Stati Uniti.

Questo 6 novembre ricorre il 35° anniversario della promulgazione da parte del repubblicano Ronald Reagan dell’amnistia del 1986, che legalizzò circa tre milioni di persone, ma i successivi sforzi delle amministrazioni di entrambe le tendenze non portarono frutti.

Né gli ex presidenti George W. Bush (repubblicano) e Barack Obama (democratico) hanno raggiunto questo obiettivo quando hanno avuto un forte sostegno al Congresso, cosa che non si è concretizzata in una riforma, soprattutto a causa delle pressioni dei settori più conservatori che hanno insistito per includere pesanti – e talvolta disumane – misure di sicurezza al confine meridionale.

L’ex presidente Donald Trump ha fatto poco in quella direzione se non l’inizio della costruzione di un muro e la promozione di misure xenofobe contro coloro che hanno cercato di entrare nel paese, che ha considerato come terroristi, ladri e tossicodipendenti, tra gli altri epiteti.

Ora, con Joe Biden al potere, una delle sue prime azioni è stata quella di portare avanti un piano di riforma dell’immigrazione, che tra l’altro ha tracciato un percorso verso l’ottenimento della cittadinanza per milioni di persone arrivate nel paese prima del 2011, ma, in pratica, tutto è rimasto solo una promessa.

Secondo una studiosa come Maribel Hasting, consulente dell’American Voice, le organizzazioni di difesa degli immigrati hanno ragione nelle loro critiche all’amministrazione Biden per non aver fatto abbastanza per aiutare gli indocumentati.

Al centro di tutto ci sono milioni di immigrati che hanno trascorso decenni vivendo nell’ombra, lavorando e pagando le tasse in segreto, costruendo una famiglia e un futuro negli Stati Uniti, ha sottolineato Hasting.

Sulla via dei Democratici c’è tutta una rete creata dall’amministrazione Trump, difficile da smantellare e che rende difficile avanzare sulla questione.

Nelle ultime settimane, ad esempio, c’è la ripresa del programma dell’ex presidente repubblicano “Restate in Mexico” che mette in una situazione disperata migliaia di immigrati e che è fortemente criticato dall’ampia coalizione Welcome with Dignity che raggruppa i difensori degli immigrati.

Biden voleva che fosse annullato, ma i tribunali hanno chiesto che continuasse. Il programma attuato da Trump era una farsa per respingere le domande di asilo, dopo aver forzato gli immigrati li obbliga a rimanere a lungo in Messico in balia della violenza.

La prosecuzione di questa politica consente all’amministrazione di difendersi dalle critiche repubblicane sull’apertura delle frontiere. Per questo la coalizione accusa il governo di approfittare politicamente della situazione.

Secondo gli analisti, la questione immigrazione è politicamente spinosa, ma ciò non giustifica il silenzio quando i democratici non mantengono le promesse.

La verità è che tre decenni e mezzo dopo, non c’è ancora nessuna riforma e la popolazione senza documenti è quasi quadruplicata.

Entrambe i partiti usano gli immigrati come un pallone politico senza una soluzione in vista per questo settore della popolazione, con un peso sostanziale nell’economia statunitense.

Agli immigrati viene sempre chiesto di continuare ad aspettare un accordo, e coloro che li sostengono sono sempre invitati a continuare a votare per i Democratici, perché “ora potranno farlo”, ma negli ultimi decenni solo Reagan ha ottenuto un miglioramento.

Luis Beaton, giornalista di Prensa Latina

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