In una dichiarazione, l’organizzazione ha considerato gravi e sistematiche le intimidazioni, le molestie e le violenze fisiche, verbali e sessuali a cui sono sottoposte le donne saharawi dalle forze di sicurezza marocchine.
Secondo il comunicato, queste azioni, commesse nell’assoluta impunità, si sono intensificate dopo la rottura del cessate il fuoco, decretato nel novembre dello scorso anno dal Marocco.
A questo proposito, la CPAZ ha specificamente confermato la propria adesione alle dichiarazioni rese dalle autorità della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD) e da entità internazionali che censurano i raid, la distruzione di proprietà, i continui pestaggi e altre forme di violenza contro l’attivista Sultana Jaya e la sua famiglia, a Bojador.
Per la Coordinatrice, l’inerzia della comunità internazionale perpetua queste gravi violazioni e favorisce la impunità.
Allo stesso modo, la CPAZ, che riunisce difensori dei diritti umani, intellettuali, accademici, organizzazioni sociali e diplomatici, ha denunciato l’espulsione dal Sahara occidentale occupato, nell’ottobre di quest’anno, di una missione internazionale composta da un medico e due giuristi, che aveva progettato per visitare Jaya e la sua famiglia.
Nel suo comunicato, l’istituzione ha esortato il ministero degli Esteri ecuadoriano a prendere atto della delicata situazione che sta attraversando il popolo saharawi nei territori occupati e della precaria situazione di circa 200.000 profughi a Tindouf (Algeria), in un contesto complesso a causa della la ripresa del conflitto armato tra Marocco e la RASD.
Ig/scm