Dopo aver posto il veto su tre proposte con questa pretesa dallo scoppio del conflitto, il principale alleato di Israele ora sostiene la fine delle ostilità in cambio del rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas.
Tuttavia, diversi media concordano nel sottolineare un linguaggio poco convincente a tale scopo.
La proposta, circolata tra la stampa, considera un cessate il fuoco immediato e prolungato “imperativo” per proteggere i civili su tutti i fronti, consentire la fornitura di assistenza umanitaria essenziale ed alleviare le sofferenze umanitarie.
Inoltre, sollecita il Consiglio a “sostenere inequivocabilmente gli sforzi diplomatici internazionali in corso per raggiungere tale cessate il fuoco in relazione al rilascio di tutti gli ostaggi rimanenti”.
Nonostante si tratti della proposta più contundente presentata dalla nazione del nord – che occupa uno dei cinque seggi permanenti del Consiglio– il linguaggio sembra riconoscere l’importanza della cessazione delle ostilità piuttosto che richiederla.
I dibattiti ed i documenti emanati dal Consiglio di Sicurezza, composto da 15 membri, sono cruciali in questo contesto poiché le sue risoluzioni sono vincolanti.
Sebbene il progetto susciti grandi aspettative, la votazione su questo testo non è stata ancora fissata.
Lo scorso febbraio gli Stati Uniti sono stati l’unico paese a votare contro un progetto di risoluzione presentato dall’Algeria, sostenendo che chiedere la fine “immediata” delle ostilità potrebbe mettere a repentaglio i negoziati tra le parti.
Poi, l’ambasciatrice statunitense presso l’ONU, Linda Thomas-Greenfield, ha affermato che la bozza non porterà una pace duratura, ma al contrario amplierà la prigionia degli ostaggi e la crisi umanitaria.
Inoltre, la diplomatica ha annunciato una prossima proposta “che punterebbe ad un cessate il fuoco temporaneo basato sulla formula del rilascio di tutti gli ostaggi”.
Tuttavia, la bozza statunitense potrebbe assumere una valenza più urgente dopo l’avanzamento dei negoziati, il peggioramento della situazione umanitaria dei civili intrappolati e le continue lamentele per la mancanza di accesso da parte delle organizzazioni umanitarie sul posto.
Elisabetta Borrego Rodríguez, giornalista di Prensa Latina