venerdì 26 Luglio 2024
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Rischi del militarismo europeo

La forte tendenza al militarismo in Europa sta già muovendo parte della sua economia e sembra creare rischi di passare da una guerra fredda quasi dimenticata a una guerra calda con Russia, nel contesto del conflitto ucraino.

Al di là delle esortazioni fatte all’epoca dall’ex presidente Donald Trump per costringere gli europei a rispettare l’impegno di dedicare il 2% del loro prodotto interno lordo alla spesa per la difesa, ora emergono richieste per rafforzare l’industria bellica regionale.
Il pretesto di Bruxelles consiste nel rispondere all’operazione militare ordinata il 24 febbraio 2022 dal presidente Vladimir Putin per proteggere l’area ribelle del Donbas, a seguito della quale l’Occidente ha fornito armi all’Ucraina per 165 miliardi di dollari.
Ma con gli altri impegni da 35 miliardi di euro per il riarmo di Kiev, l’Europa è sempre più coinvolta nello scontro, perché oltre a carri armati, veicoli blindati, obici e sistemi missilistici, offre consulenza all’esercito ed informazioni di intelligence.
All’epoca, infatti, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, stimava che le potenze occidentali, compresa l’Unione Europea (UE), partecipassero indirettamente agli scontri armati.
A ciò si aggiungono le dichiarazioni da molti ritenute fuori luogo da parte di diversi politici europei circa un eventuale invio di truppe in Ucraina per evitare a tutti i costi una vittoria russa.
Ciò avviene nonostante gli avvertimenti di Mosca secondo cui, in questo caso, i principali centri decisionali europei diventerebbero obiettivi legittimi delle sue forze.
In effetti, la tendenza trova sempre più sostegno nella spinta dell’industria bellica europea, anche se il vecchio continente è lungi dall’uscire immediatamente dalla dipendenza dagli Stati Uniti, da cui acquista il 55% delle sue armi.
Possiamo fare riferimento all’appello lanciato dal commissario europeo del Mercato Interno, Thierry Breton, che ha ritenuto che Europa debba avviare immediatamente un’economia di guerra, con la motivazione della scarsa capacità produttiva di forniture per sostenere Ucraina.
Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, appare nella stessa linea militarista, stimando che dopo decenni di spese insufficienti, si dovrebbe investire di più nella difesa.
Pertanto, nel 2022, i paesi europei membri della NATO hanno destinato 345 miliardi di euro alle spese di guerra, il 30% in più rispetto a quanto registrato nel 2013, ha indicato l’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Guerra e la Pace di Stoccolma.
L’Europa, il cui potenziale di competitività economica è messo in discussione dalle sue stesse nazioni, sembra perdere la consapevolezza del rischio di andare verso un’economia di guerra e delle conseguenze del militarismo, sviluppato alle porte di una potenza bellicosa come Russia.

Antonio Rendon, giornalista di Prensa Latina

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