La lettera, firmata dal Segretario degli Affari Esteri, Juan Ramón de la Fuente, e letta giovedì dalla presidentessa Claudia Sheinbaum, fa riferimento alla comunicazione di tale società che avrebbe modificato il nome del Golfo del Messico sulla piattaforma Google Maps per il Golfo d’America.
“Il nome Golfo del Messico non è imposto da una singola fonte governativa, come erroneamente suggerisce Google, ma è un nome storicamente accettato e registrato”, afferma il documento.
Ciò, ha aggiunto, “oltre a costituire una consuetudine internazionale, è legalmente registrato negli indici dell’Organizzazione Idrografica Internazionale, di cui fanno parte sia Messico che gli Stati Uniti”.
Nel testo si specifica che l’ordine esecutivo firmato da Trump il 20 gennaio “ha effetti esclusivamente all’interno del suo paese, stabilendo un cambio di nome per una frazione del Golfo del Messico, specificamente per quanto riguarda la piattaforma continentale”.
Inoltre, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare stabilisce l’esistenza di zone marine sotto la piena sovranità degli stati, che sono le acque interne ed il mare territoriale, che si estende fino a un massimo di 12 miglia nautiche dalle coste.
“Per le ragioni sopra esposte – aggiunge – è essenziale informarvi che, tenendo conto che il Golfo del Messico copre aree marine di tre paesi (…), il caso potrebbe corrispondere solo alle 12 miglia nautiche dalle coste dagli Stati Uniti”, conclude.
Dalla Redazione di Prensa Latina in Messico