giovedì 26 Dicembre 2024
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Siria rompe gli schemi nel Medio Oriente

Per quelli che già gridavano una sconfitta del popolo siriano senza conoscere che il valore del silenzio è più importante delle parole, hanno perso la voce quando Siria, dopo sei anni di una guerra terribile e spietata, vive e rompe gli schemi abituali nella storia del Medio Oriente. 

 
Dai centri di potere dell’Occidente, con l’aiuto dei loro servi nella regione, hanno presentato il presidente Bashar Al Assad come il demonio, ridussero la sua gestione ad un “gruppo alauita che domina una nazione a maggioranza sunnita” ed appoggiarono con migliaia di milioni di dollari e 28 mila tonnellate di armi, centinaia di organizzazioni terroristiche. 
 
Tra la fine del 2011 e la fine del 2013, lo schema deformante delle primavere arabe si applicò con una profonda ed accurata virulenza contro Siria, lo stato più secolare, laico e temporeggiatore del mondo arabo contemporaneo, per propiziare il caos, la divisione ed il furto delle ricchezze naturali di quella che anticamente si conobbe come la Mezzaluna Fertile. 
 
Senza ricorrere alla sensatezza, i servizi di intelligenza occidentali e specialmente il Mossad del regime sionista di Israele, non furono realistici, persero la percezione di quello che succedeva nel territorio ed agirono di conseguenza con particolare perfidia senza contare che con Al Assad, alla direzione del governo, con la fermezza ed il valore delle forze armate, ed un unità crescente del popolo, avrebbero potuto sopravvivere. 
 
I primi anni dei confronti bellici dimostrarono che Siria era capace di resistere, anche se dovettero combattere e prepararsi in modo estemporaneo per affrontare una guerra irregolare mai eseguita con “tanta perfezione tecnica” nella storia del mondo arabo. 
 
L’ampia esperienza della SAS -Servicio Aereo Speciale e principale gruppo di operazioni speciali del Regno Unito -, in coordinazione con la CIA ed il Mossad israeliano tra gli altri, applicarono gli schemi tradizionali, sollevarono una guerra civile inesistente di presunte basi religiose e sono stati appoggiati dal punto di vista mediatico da più di 120 canali televisivi e sono stati bloccati i segnali satellitari della Siria. 
 
Alla fine del 2015, sulla base degli accordi storicamente stabiliti con Russia dall’epoca di Hafez Al Assad, lo stato di questa nazione del Medio Oriente sollecitò, motivato da un principio tattico e strategico, l’appoggio aereo di Mosca. 
 
Era oltretutto logico e naturale perché si stavano scontrando con una coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti, che esibisce un potere “che demolisce” ed a cui non importa nulla giustificare continuamente i numerosi danni collaterali tra la popolazione civile, che è quella che durante una guerra soffre di più.
 
A due anni dell’applicazione della coordinazione russo-siriana e gli inestimabili appoggi dell’Iran e del movimento di resistenza libanese Hezbolà, tra gli altri, le Forze Armate di questa nazione hanno dimostrato la capacità sufficiente per cambiare la situazione a loro favore nei campi di battaglia nelle regioni della steppa, del deserto o delle agglomerazioni urbane. 
 
Le tecniche di guerra sono migliorate durante i combattimenti, con molti più successi che fallimenti, ed a questo si unisce l’utilizzo dell’ultima e più avanzata tecnica militare simbolizzata fondamentalmente nei carri armati T-90, blindati per il trasporto e la difesa delle truppe, missili termobarici e sistemi di artiglieria completamente innovativi. 
 
Senza smettere di usare la doppia morale, la parzialità nell’informare, i sabotaggi alle negoziazioni per la pace, gli Stati Uniti, le antiche potenze coloniali ed i loro servi nella regione, ammettono ora che Al Assad non è il maggiore problema e sviliscono le supposte divisioni religiose. 
 
Ma per questi poteri è molto difficile riconoscere che, in due anni, Siria riconquistò più di 70 mila chilometri quadrati del territorio che usurparono i terroristi con l’appoggio esterno, nonostante la realtà li obblighi a cambiare la loro versione. 
 
Siria, il presidente Al Assad, una parte maggioritaria del popolo e fondamentalmente le Forze Armate, sono il principale ostacolo alle pretese economiche e di egemonia politica, basate nella gestione dei petrodollari, che hanno provocato il terribile saldo di più di 500 mila tra morti e feriti e perdite superiori ai 200 mila milioni di dollari. 
 
Una buona parte degli strategici ed importanti giacimenti di petrolio e gas, fosfati e miniere del centro, nord ed est del territorio siriano sono attualmente sotto controllo del governo ed i successi nel piano militare obbligano i nemici a cambiare le regole di un gioco sporco. 
 
Dati ed esempi dimostrano come Siria sia riuscita a far ritornare, con un costo drammatico ed in mezzo allo spavento ed al terrore, più di 600 mila sfollati negli ultimi mesi ai loro luoghi di origine, come riconobbero le Nazioni Unite; mentre i dati ufficiali contano in totale sei milioni di sfollati interni e circa quattro milioni verso l’esterno del paese. 
 
Allo stesso modo, la politica di riconciliazione nazionale dimostra avanzamenti notabili, facilita la pace in più di due mila tra villaggi, città e paesini e propizia una relativa stabilità nelle quattro zone di distensione create nel nord, nel centro e nel sud della Siria, con l’accettazione di diversi gruppi di estremisti per mantenerli. 
 
Le trasformazioni della guerra imposta alla Siria costituiscono ora ed a dispetto dei detrattori, un panorama che incoraggia la sensatezza e permette con obiettività e realismo di sgombrare la strada verso la pace, nonostante il caos imperante nel mondo sulla base del terrore e sulla sottovalutazione della specie umana. 
 

Pedro Garcia Hernandez, corrispondente di Prensa Latina in Siria  

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