Né Washington né Mosca hanno mai pronunciato una minaccia così esplicita negli anni peggiori della Guerra Fredda, né nessuna delle potenze nucleari lo ha fatto in tempi successivi, nonostante le acute crisi e tensioni che il pianeta ha vissuto da allora, aggiunge il quotidiano.
La gravità di quanto espresso, aggiunge, è degna del più ampio ripudio in ambito internazionale, ed in quello israeliano dovrebbe portare ad un’immediata dimissione. Tuttavia, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha semplicemente messo da parte Eliyahu fino a nuovo avviso dalle riunioni di gabinetto.
Per mettere le cose in prospettiva, ricorda il giornale, Tel Aviv non si trova ad affrontare un paese nemico in condizioni di parità, ma piuttosto è decisa da un mese a causare morte e sofferenze ad una popolazione civile messa alle strette, che è stato descritto da numerose voci accreditate nella comunità internazionale come esercizio di genocidio. La minaccia dell’olocausto atomico diventa, in questo modo, la conferma di una volontà di sterminio – che poco o nulla ha a che vedere con la lotta contro Hamas e gli altri gruppi armati –, volontà condivisa da quell’estrema destra e fazione fondamentalista che controlla il potere politico nello stato di Israele.
Non c’è spazio a questo punto per eventuali tentativi di separazione che il regime di Tel Aviv intende fare di fronte a tale dichiarazione.
In un altro senso, ciò che ha detto Eliyahu, è una conferma dello status di potenza nucleare del suo paese, qualcosa che fino ad oggi nessun governante israeliano aveva voluto confermare e, a quanto pare, uno dei più pericolosi per il mondo, conclude La Jornada.
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