È tempo di assumersi la responsabilità e di convocare una conferenza internazionale con un obiettivo chiaro: difendere il diritto internazionale e concretizzare le risoluzioni delle Nazioni Unite attraverso l’azione determinata di tutti gli stati, le organizzazioni e l’ONU stessa, ha affermato il ministro palestinese.
Al Maliki ha anche sollecitato il riconoscimento e l’ammissione dello stato di Palestina nel più alto forum del pianeta, intervenendo presso la riunione del Consiglio di Sicurezza per affrontare l’espansione della crisi nell’enclave.
Secondo il rappresentante palestinese, la guerra in corso è uno sforzo premeditato per infliggere il massimo dolore alla popolazione palestinese, combinando tre fattori.
L’offensiva israeliana comprende i bombardamenti più selvaggi e indiscriminati dell’era successiva alla Seconda Guerra Mondiale; una distruzione in massa ed un assedio crudele che priva la popolazione di ciò che è essenziale per la sua sopravvivenza; insieme allo spostamento forzato su una scala ed una velocità mai viste nella storia moderna.
“Nessuna casa, ospedale, scuola, moschea, chiesa o rifugio dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati è al sicuro dai bombardamenti israeliani; duemila tonnellate di bombe sono state sganciate senza alcuna preoccupazione per la vita dei civili”, ha sentenziato.
Secondo il ministro, a causa degli attacchi sono morte più di 25mila persone, tra cui più di 11mila bambini; mentre più di 63mila palestinesi sono rimasti feriti, un altro migliaio mutilati e disabili permanenti, e più di settemila sepolti sotto le macerie.
Il mondo esige un cessate il fuoco ed il tempo stringe, ha aggiunto, ricordando il consenso internazionale sulla necessità di creare due stati.
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