Gli aggettivi per descrivere questa misura basata sull’odio e sulla cecità politica, eseguita dalle ultime 11 amministrazioni nella Casa Bianca, si possono raccogliere a decine, ed in tutti questi anni abbiamo potuto ascoltarli in bocca di cittadini comuni, persone solidali, diplomatici e capi di stato o di governo, tanto dell’isola come del mondo intero.
Inoltre, sono stati diversi gli scenari per condannare un bloqueo senza precedenti nella storia umana: una fermata dell’autobus, una scuola o un ospedale nella maggiore delle Antille, dove non può arrivare una medicina “made in Usa”; un forum internazionale, un congresso per il quale un scienziato cubano non ha ricevuto il visto o la stessa casa del multilateralismo, cioè l’ONU.
A proposito delle Nazioni Unite, l’Assemblea Generale, il suo principale organo deliberativo e l’unico nel quale sono rappresentati in uguaglianza di condizioni i 193 paesi membri dell’organizzazione, si è pronunciata, per la 28º volta, sul bloqueo questo 7 novembre approvando un nuovo progetto di risoluzione presentato da Cuba, che difende la necessità di sospenderlo.
Cuba ha ricevuto l’appoggio di 187 paesi che hanno approvato la risoluzione, Stati Uniti, Israele e Brasile hanno votato contro, Colombia ed Ucraina si sono astenute, Moldavia non ha esercitato il diritto di voto.
Anno dopo anno, dal 1992, iniziative simili hanno ricevuto un appoggio categorico della comunità internazionale, al margine di posizioni politiche e zone geografiche, rimanendo isolato, in maniera ricorrente, lo stesso responsabile dell’atrocità, unicamente accompagnato dal suo fedele complice, Israele.
L’accademico e saggista francese Salim Lamrani, uno studioso delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti, ha accettato di conversare sul bloqueo con Prensa Latina.
Lamrani coincide sul fatto che si tratta di una misura crudele ed anacronistica, ma aggiunge un aggettivo poco utilizzato: assurda, che vale la pena analizzare con attenzione.
Secondo lui, il cerchio, che compie quasi 60 anni, è assurdo perché “non potrà ottenere il suo obbiettivo”, cioè far arrendere il suo piccolo vicino ribelle che, secondo la superpotenza militare ed economica, è colpevole di costruire una rivoluzione socialista a meno di 100 miglia dalle sue coste.
“I cubani non hanno l’intenzione di rinunciare alla loro indipendenza ed hanno dimostrato varie volte che l’unico metodo accettabile è il dialogo basato sul rispetto delle specificità di ogni nazione, sulla reciprocità, sull’uguaglianza sovrana e non sull’ingerenza nei temi interni”, ha sottolineato.
Per il professore dell’Università de La Reunion, ubicata nel dipartimento francese di oltremare con lo stesso nome, Washington scommette sull’illusione che la minaccia ed il ricatto daranno frutti col paese caraibico.
“È un grave errore e qualsiasi persona che abbia una minima conoscenza della storia dell’isola sa che il popolo di Cuba non cede mai alla politica della violenza”, ha ricordato.
D’accordo con Lamrani, il bloqueo statunitense costituisce una violazione flagrante delle norme più elementari del Diritto Pubblico Internazionale.
“È un’intromissione nei temi interni dello Stato sovrano di Cuba poiché l’obiettivo cercato è ottenere un cambiamento di regime nell’isola, fatto che viola il principio sacro del diritto dei paesi all’autodeterminazione. Il sistema politico ed il modello sociale sono competenze esclusive del popolo cubano”, ha precisato.
Washington ha aumentato la sua violazione con leggi extraterritoriali, che hanno generato una forte condanna nei cinque continenti.
La legge Torricelli del 1992 aggrava il carattere extraterritoriale dello stato di assedio economico che impone contro Cuba, burlandosi della legislazione internazionale che proibisce che una legge nazionale abbia una componente internazionale, ha segnalato l’accademico francese.
Per esempio, una nave straniera che entri in un porto cubano non può toccarne uno statunitense durante i seguenti sei mesi.
Quattro anni dopo la Torricelli, il Congresso ha approvato la legge Helms-Burton che codifica il bloqueo e cerca di rinforzare la sua extraterritorialità, con titoli come il III ed il IV, attivati pochi mesi fa dal presidente Donald Trump, nella sua scalata di aggressività.
“Inoltre, le sanzioni economiche hanno un carattere retroattivo, e questo costituisce un’aberrazione giuridica. Nessuna legge può essere retroattiva, a meno che favorisca entrambi le parti. Così, la legge Helms-Burton sanziona le aziende straniere che realizzino investimenti in proprietà nazionalizzate negli anni 60 e che appartenevano a cittadini statunitensi”, ha spiegato.
Secondo Lamrani, tutta l’impalcatura di leggi e misure che conformano la politica della Casa Bianca verso l’isola rappresenta il principale ostacolo per il suo sviluppo.
Waldo Mendiluza, corrispondente di Prensa Latina in Francia