Sono molte le persone nell’isola che riconoscono lo sforzo del Governo nel combattimento contro il nuovo coronovirus, che negli ultimi mesi ha portato un’ondata di sofferenza e morte nel pianeta.
Sono diventate abituali, tra le informazioni del Telegiornale della Televisione Cubana, le indicazioni del governante e del gruppo di lavoro che controlla ogni giorno l’implementazione del piano di confronto nazionale per frenare e sradicare il COVID-19 nel paese.
Ogni volta, il capo di Stato spiega l’importanza di rispettare le misure stabilite nel paese per abbassare gli indici di contagio, critica gli indisciplinati che non compiono l’isolamento sociale, consulta medici e scientifici su come frenare la pandemia.
Il COVID-19 non è l’unica sfida affrontata dal capo di stato. A pochi mesi dall’inizio del suo mandato, ha dovuto affrontare un incidente aereo con un numero importante di vittime fatali; l’incendio di un ospedale, sempre a L’Avana; ed un tornado che ha distrutto vari municipi della capitale cubana.
Inoltre, negli ultimi due anni il governo degli Stati Uniti ha aumentato il bloqueo economico, finanziario e commerciale contro la maggiore delle Antille come mai prima, e per fare più danno ha messo in pratica il capitolo III della Legge Helms-Burton, che amplia le sanzioni contro qualunque azienda o paese straniero che decida di negoziare con l’isola.
Questo bloqueo della Casa Bianca limita oggi l’arrivo di attrezzature e medicine per la lotta della malattia respiratoria. Lo stesso che cerca di ostacolare qualunque tentativo di sviluppo di Cuba.
Nonostante tutto, il mandatario si muove verso qualsiasi municipio e provincia dell’isola, cerca alternative alla dura situazione economica che affronta il paese per infondere ai cubani fiducia nella Rivoluzione.
Diaz-Canel dialoga con la gente, ascolta i cubani ed implementa i suggerimenti. E con trasparenza e senza inganno spiega loro la verità sulla situazione del paese. “Questo ragazzo non dorme”, mi ha detto un’anziana commentando il duro lavoro che svolge il dignitario.
Quando è stato eletto aveva una scommessa enorme da vincere: è il primo Presidente che non era della generazione storica, quella che ha trionfato il 1º gennaio 1959 dopo una lunga lotta contro la dittatura di Fulgencio Batista.
Nonostante, è stato capace di superare la sfida e guadagnarsi col suo lavoro ed il suo esempio l’ammirazione del popolo cubano che lo segue ed ascolta “perché gli parla con la verità in mano”, come assicura un altro cittadino.
Pochi giorni fa, il 20 aprile, ha compiuto 60 anni.
È certo che per la sua età non ha dovuto affrontare i mercenari nell’invasione mercenaria di Playa Giron, neanche i banditi armati da Washington nelle montagne dell’Escambray, ma lo sportivo dai capelli lunghi ed amante del rock and roll, è stato uno dei ragazzi che hanno combattuto per la liberazione dell’Angola e contro il regime dell’apartheid.
È stato anche uno dei leader dell’Unione dei Giovani Comunisti in pieno periodo speciale, dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica e del blocco socialista in Europa.
Quindi ha diretto il Partito Comunista nelle province di Villa Clara e Holguin, in tempi duri per lo stato caraibico.
Per i suoi risultati di lavoro è stato selezionato come ministro di Educazione Superiore e posteriormente asceso al posto di vicepresidente del consiglio dei Ministri.
Il 24 febbraio 2013, Díaz-Canel è stato nominato primo vicepresidente del Consiglio di Stato, passando dopo ad essere il suo presidente il 19 aprile 2018, fino ad essere eletto Presidente della Repubblica di Cuba il 10 ottobre dell’anno scorso.
Senza dubbio, l’uomo canuto, con occhiaie pronunciate e con mascherina che entra nelle case di tutta l’isola tutte le sere per parlare dei pericoli del COVID-19 ed informare che cosa fa il governo per combattere la malattia, lo stesso che continua rivedendo il compimento del programma nazionale di costruzione di case nonostante l’emergenza, tra gli altri progetti dello sviluppo nazionale, si è guadagnato il rispetto dei cubani.
Mario Muñoz, giornalista di Prensa Latina