Mentre Russia, che recentemente proclamò la vittoria dell’Esercito siriano ed i suoi alleati di fronte ai radicali dell’Isis, ritira gran parte delle sue truppe da questo paese, il Pentagono insiste nel violare la sovranità dello Stato levantino.
Precisamente questo è il punto di vista del Ministero degli Affari Esteri della Russia che questa settimana catalogò come inaccettabile la presenza della chiamata Coalizione Internazionale in questo territorio arabo.
La cancelleria russa ha respinto il pretesto statunitense che il gruppo terroristico Isis non è ancora completamente sconfitto in Siria, hanno recensito ampiamente i mezzi di stampa locali.
Con le sue forze militari installate dal 2014 in questa nazione, Washington ed i suoi alleati non ascoltano nessuno, nonostante le reiterate denunce del governo di Damasco presso le Nazioni Unite che li accusa di bombardare diversi obiettivi, soprattutto civili.
Gli indiscriminati attacchi aerei, per essere sinceri, non sono diretti precisamente contro i bersagli del gruppo estremista Isis, come lo proclamano comandi militari nordamericani.
Queste azioni violente si portano a termine in forma sistematica contro popolazioni della provincia di Deir ez-Zor e antecedentemente di Raqqa, senza contare con l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite né dello stesso governo nazionale.
Tale realtà è stata profusamente documentata in relazioni ufficiali e video.
In uno dei più recenti atti di aggressione contro la popolazione, questa settimana le forze statunitensi bombardarono i quartieri residenziali del villaggio di al-Jurze Sharqui, nell’est di Deir ez-Zor, con saldo di 23 morti, tra questi sei bambini e sei donne.
Gli Stati Uniti ed i paesi alleati mantengono posizioni di forza da una decina di basi militari in territorio siriano e circa 2000 soldati, quello che moltiplica per quattro la cifra di militari dichiarati inizialmente dal Pentagono.
Per non pochi analisti, benché il governo nordamericano percepisca che il piano sionista-statunitense di distruggere e dividere territorialmente Siria sia fallito, persiste ancora nel suo tentativo di decidere il futuro di questo paese arabo.
Sembrerebbe, a dispetto delle sconfitte contundenti sofferte dai gruppi terroristici che sono appoggiati da Washington e dalle monarchie del Golfo, il governo statunitense si propone tuttavia di allontanare dal potere l’attuale presidente, Bashar Al-Asad.
Mentre il gruppo terroristico Isis mantiene focolai di lotta isolati a Deir ez-Zor ed altri territori, fatto che denota la sua sconfitta -benché non la sua completa distruzione come organismo armato -, le forze militari statunitensi proseguono con l’appoggio alle FDS.
Le chiamate Forze Democratiche Siriane -FDS, alleanza militare curda-araba -, non solo hanno occupato la città settentrionale di Raqqa, ma si trovano anche in demarcazioni come Hassakeh e Deir ez-Zor, dove controllano estesi territori e pozzi petroliferi e di gas.
Benché la parte nordamericana, principale somministratrice di armi e risorse finanziarie alle FDS, ha promesso recentemente al governo della Turchia di tagliare questi aiuti, non è ancora sicuro che compiano quanto annunciato.
Nel frattempo, l’esercito siriano e forze associate della Russia, Iran e la resistenza libanese di Hizbulah, continuano, come ha assicurato il mandatario Assad, con la loro offensiva contro gruppi terroristici in ampie zone territoriali.
Dopo aver liberato da gruppi estremisti una gran parte del paese, le battaglie delle truppe leali a Damasco si concentrano ora sulla provincia settentrionale di Idlib e nel nord di Hama.
In queste demarcazioni pullulano formazioni radicali del Fronte per la Liberazione del Levante (ex Al-Nusra) ed altre fazioni armate.
Inoltre, le truppe governative sviluppano offensive contro bande terroristiche nel Ghouta Orientale, all’est di Damasco, nelle vicinanze del Golan siriano ed in altre aree meridionali.
In mezzo a questo scenario militare e politico al quanto complesso, non pochi considerano che in vaste zone del territorio siriano si ottenga una maggiore stabilità sociale ed economica, possibile grazie ai trionfi militari dell’esercito e dei suoi alleati e l’applicazione della politica di riconciliazione nazionale.
Tali risultati hanno permesso che migliaia di sfollati e rifugiati siriani ritornassero questo anno alle loro case e si reincorporassero ai loro abituali lavori, sia nell’agricoltura o nell’industria, secondo l’attuale processo di ricostruzione nazionale.
Una nuova Siria si fa largo nella lotta per la pace e contro il terrorismo, con un volto di speranza in un futuro migliore di progresso e di benessere umano.
Oscar Bravo Fong, corrispondente di Prensa Latina in Siria