La condanna di corruzione è stata imposta da un tribunale formato dai giudici Ivan Leon, Ivan Saquicela e Marco Rodriguez, a carico di investigare il presunto pagamento di subornazioni, di imprenditori, nel periodo 2012-2016, per attività di proselitismo del Movimento Alleanza Paese, accusa respinta da Correa e dagli ex membri della formazione politica.
Come parte del caso sono stati anche condannati alla stessa pena, l’ex vice mandatario Jorge Glas ed una ventina di persone, tra queste ex funzionari del governo di Correa, come Alexis Mera, Maria de Los Angeles Duarte, Walter Solis e Vinicio Alvarado.
D’accordo coi giudici, riuniti nella Corte Nazionale di Giustizia, in questa capitale, hanno verificato che i pagamenti erano riportati al livello gerarchico superiore (Correa e Glas), argomenti rifiutati da vari giuristi, tra loro Eduardo Franco Loor, difensore dell’ex vice dignatario.
La principale evidenza per la condanna è stato un quaderno, considerato da vari avvocati come una prova forgiata apposta che conteneva appunti scritti nel 2018, dall’ex assessora Pamela Martinez, che ha ricevuto una sentenza ridotta, per cooperazione, di 38 mesi di carcere.
Nelle reti sociali non si è fatta aspettare la reazione alla sentenza che, secondo alcuni, era già pronta, prima di arrivare a questa tappa del processo, perché la meta è sempre stata, nella cornice della persecuzione politica contro Correa ed i suoi seguitori, inabilitare all’ex capo di stato affinché non partecipi alle elezioni generali del 2021.
Perfino, poco prima dell’udienza di oggi, in Twitter hanno circolato informazioni con e-mail filtrati tra la segretaria del Pubblico Ministero Generale, Diana Salazar, ed il giudice Ivan Leon, relazionati con la condanna.
“Il giudizio della storia sarà implacabile con gli autori di questa ingiustizia, miserabili!”, ha condannato in un messaggio pubblicato in Twitter la legislatrice Marcela Aguiñaga.
Pochi giorni fa, l’ex presidente ecuadoriano Rafael Correa ha confessato che ha l’anima sconquassata per quello che succede nel suo paese, vedendo le terribili immagini della sua città natale Guayaquil, con cadaveri per le strade per COVID-19.
In un’intervista col canale argentino C5N, l’ex mandatario si è dimostrato afflitto e dice che non può dormire dall’angoscia che gli provoca vedere quello che succede nella sua nazione per gli effetti della pandemia, con un sistema di salute collassato.
Dal Belgio, dove risiede, Correa ha citato come nel 2009 Ecuador è stato lodato per combattere l’influenza A (H1N1) ed oggi siamo passati ad essere il peggiore esempio, siamo il peggiore paese a livello regionale nella lotta contro il nuovo coronavirus e Guayaquil ha più morti di nazioni intere, ha detto, dopo denunciare che la crisi è terribile ed è stata gestita molto male. Sono tre anni di persecuzione, di distruzione, del mondo alla rovescia, la leadership l’hanno chiamata autoritarismo, la ripartizione della patria l’hanno chiamato dialogo, quando abbiamo costruito ospedali ci hanno criticato moltissimo.
Questa pandemia ci ha incontrati con un sistema di salute sconquassato, con un’economia in rovina e senza governo, ha risaltato in riferimento alla gestione del governo di Lenin Moreno.
Correa ha dichiarato che Guayaquil è una città dove il 60% della gente ha un lavoro informale, è tassista, vende gelato, devono uscire a guadagnarsi la vita giorno per giorno. Se vuoi che restino in isolamento devi mantenerli nelle case con alimenti, con beni principali. Non hanno fatto nulla di ciò.
I nostri medici muoiono perché non hanno mascherine e non ci sono respiratori negli ospedali. Realmente quello che si è fatto è stato criminale, ha sostenuto Correa, che ha aggiunto che il fatto più duro è che non si sa neanche come seppellire i morti.
Siamo passati da essere un paese che inaugurava idroelettriche, scuole del millennio, ospedali, autostrade ad un paese che scava fosse comuni, ha concluso.
Sinay Cespedes Moreno, corrispondente di Prensa Latina in Ecuador