In resistenza si sono dichiarati gli indigeni, i lavoratori di vari settori, i contadini, gli impiegati pubblici e gli studenti universitari, che si uniscono in questa giornata di sciopero nazionale contro le misure neoliberali del “paquetazo”.
A dispetto della chiusura di tutte le strade che danno accesso al Palazzo di Carondelet, sede della presidenza della Repubblica, temporaneamente trasferita a Guayaquil, i manifestanti insistono nel fare ascoltare le loro esigenze.
Così ha confermato a Prensa Latina, Ana, lavoratrice di un’impresa pubblica che ha descritto come storiche le mobilitazioni dal 3 ottobre in tutto il territorio nazionale.
“Chiediamo al governo che assuma la responsabilità per cui è stato eletto. Non abbiamo votato per il neoliberalismo, abbiamo scelto un progetto che sapevamo vantaggioso per il popolo ed oggi stiamo sulle strade esigendo i nostri diritti”, ha assicurato.
Come lei, migliaia di ecuadoriani si sono uniti allo sciopero nazionale convocato dalla Confederazione delle Nazionalità Indigene, il Fronte Unitario dei Lavoratori ed altre organizzazioni.
“Il fatto che siamo tutti con i volti coperti indica che c’è repressione, perché la polizia usa gas lacrimogeni e c’obbliga a retrocedere. Non vogliono che ci uniamo”, ha denunciato un giovane indigeno.
La protesta nazionale è repressa dalla polizia che risponde alla stato d’eccezione decretato dal presidente Lenin Moreno.
Al rispetto, la Difesa del Popolo ecuadoriano mediante la rete sociale Twitter, ha condannato l’uso di ambulanze e personale medico per fini differenti a quelli di offrire assistenza medica, come stabilito negli Accordi di Ginevra.
La condanna dell’organizzazione risponde ad una denuncia popolare realizzata dopo l’utilizzo di ambulanze per rifornire i militari con materiale di repressione contro i manifestanti a Quito.
Altre organizzazioni non governative allertano i manifestanti e la comunità internazionali mediante immagini e video nelle reti sociali sull’utilizzo di armi e gas lacrimogeni per disperdere le manifestazioni.
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