Il caso Campillai è diventato uno dei più grandi esempi dell’eccessiva repressione delle forze di polizia in Cile dopo la cosiddetta ribellione sociale del 18 ottobre 2019 e della lentezza delle autorità nell’adozione di misure di fronte alle violazioni dei diritti.
Come è noto, il procuratore del caso, Paola Zárate, ha chiesto tale provvedimento in sostituzione degli arresti domiciliari totali cui era stato sottoposto l’imputato Patricio Maturana, nonché la chiusura dell’istruttoria per far avanzare il processo orale.
Nel novembre 2019, durante uno dei tanti giorni di manifestazioni contro il governo di Sebastián Piñera in questa capitale, un gruppo di forze speciali dei carabinieri ha sparato contro Fabiola Campillai un lacrimogeno che l’ha colpita direttamente in faccia.
La giovane non stava partecipando in nessuna protesta, ma era ad una fermata dell’autobus in attesa di un mezzo di trasporto per andare al lavoro, e a causa della sparatoria è stata in punto di morte per giorni, e sebbene si sia salvata, è rimasta cieca e con lesioni neurologiche irreversibili.
Maturana, che gli ha lanciato addosso i gas lacrimogeni, è stato arrestato solo nell’agosto 2020 ed è stato posto in custodia cautelare, ma pochi giorni dopo una corte d’appello ha revocato tale provvedimento e lo ha lasciato agli arresti domiciliari totali.
L’ex carabiniere è stato accusato per il reato di lesioni gravissime ai danni di Campillai.
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