lunedì 25 Novembre 2024
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Arresti, procedimenti giudiziari e processo elettorale si susseguono in Venezuela

Caracas, 19 apr (Prensa Latina) L'arresto ed il processo contro l'ex ministro del Petrolio venezuelano Tareck El Aissami e la visita delle delegazioni elettorali internazionali hanno occupato la settimana che si chiude oggi, insieme ad altri importanti temi.

La cattura e l’accusa da parte della Procura di cinque capi d’imputazione dell’ex vicepresidente settoriale dell’Economia e presidente della compagnia statale Petróleos de Venezuela (Pdvsa), insieme ad altre due persone, hanno dato continuità al complotto iniziato un anno fa noto come Pdvsa-Cripto.
Inoltre, si è parlato di decine di arresti, raid, sequestri di beni sontuosi ed immobiliari, reti di prostituzione e dell’arresto di decine di importanti funzionari della Sovrintendenza Nazionale delle Cripto Moneta (Sunacrip) e della Corporazione Venezuelana della Guayana (CVG).
La prova della partecipazione di El Aissami in questa operazione di corruzione, considerata la più dannosa della storia della nazione, è stata presentata martedì scorso davanti alla stampa nazionale ed estera dal procuratore generale venezuelano, Tarek William Saab.
Insieme all’ex presidente della PDVSA, sono stati presentati come coinvolti anche Simón Alejandro Zerpa, ex ministro dell’Economia e delle Finanze ed ex presidente del Fondo per lo Sviluppo Nazionale, e l’imprenditore Samark López.
Il direttore del Pubblico Ministero ha spiegato i nuovi elementi di quella che ha definito la “seconda fase delle indagini” ed ha rivelato che sono riusciti ad avanzare nelle indagini per identificare i mandanti di questo complotto grazie alla denuncia di cinque detenuti, che hanno approfittato della tutela dei testimoni.
Saab ha dichiarato che sono riusciti a smembrare una rete di alti funzionari che utilizzavano la loro posizione per “effettuare operazioni petrolifere illegali” e non ha escluso che fossero collegati al governo degli Stati Uniti.
Per quanto riguarda il modus operandi, ha affermato che hanno utilizzato le cosiddette “società di valigette” e pagato in criptovalute all’estero per gestire “quei soldi a loro piacimento” ed impedire che i fondi entrassero nella Banca Centrale del Venezuela.
Ha aggiunto che in questo modo controllano l’accesso alla valuta estera nel mercato nazionale, cosa che permette loro di speculare sul mercato dei cambi e di tentare di distruggere l’economia del paese.

Ig/jcd

 

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